La scorsa settimana è uscito Challengers, l'ultima fatica di Luca Guadagnino, con all'interno un cast stellare composto da: Zendaya, Josh O'Connor e Mike Faist. Che cosa ci ha proposto sta volta il regista nostrano?
Un buco nella racchetta:
Tashi Duncan (Zendaya) dopo un passato formidabile come atleta è costretta ad abbandonare il mondo del tennis a causa di un infortunio, diventando poi allenatrice di quello che sarà suo marito Art Donaldson (Mike Faist).
I problemi tra i due verranno via via più a galla durante una partita alla qualificazione degli US Open, dove Art dovrà giocare in finale contro Patrick Zweig (Josh O'Connor), suo amico d'infanzia e la cui storia ha un intricato svolgimento verso entrambi i membri della coppia.
Tra un servizio e un altro assisteremo ad una serie di flashback che ci racconteranno la storia dei tre protagonisti in un arco temporale lungo quasi 15 anni.
La premessa narrativa del film è più che interessante, così come la costruzione temporale del racconto, capace di incuriosire lo spettatore, che vuole vedere come si è arrivato al punto di partenza. Tuttavia ci sono molti punti che non convincono del tutto.
Tashi è indubbiamente un personaggio ben piazzato: una giocatrice frenetica, desiderosa sempre della vittoria e che vuole tutto sotto il suo controllo sia nella vita e che nel gioco, non è un caso che Guadagnino abbia scelto il tennis per raccontare questo intricato rapporto a tre.
Così come nelle partite gli sguardi si spostano sempre sui due giocatori, la stessa cosa accade ai protagonisti, anche quando non sono in gioco. Ci sono però partite che hanno dei momenti di estrema suspence, in cui siamo curiosi di sapere quale sarà la prossima mossa, e dei momenti in cui invece il gioco sembra stantio: anche in questo il film è sfortunatamente vicino allo sport.
Sono numerose le scene in cui ciò che sta per accadere in scena è prevedibile, rendendo la sceneggiatura probabilmente la parte più debole del film. Si ha la costante sensazione della mancanza di un tassello fondamentale, quel qualcosa che ci faccia comprendere meglio le azioni dei protagonisti maschili ma soprattutto con Zendaya, non permettendo una piena empatia nei suoi confronti come invece accade per altri personaggi. Senza considerare poi alcune azioni e dialoghi che lasciano perplesso lo spettatore per quanto sembrino fin troppo irrealistiche.
Il tennis come metafora per le relazioni:
Il film stesso cita il tennis come un qualcosa che rappresenta la vita stessa, e probabilmente è proprio quello che Tashi ricerca: un sali e scendi di emozioni costanti che solo lo sport ha saputo regalarle e per questo lo ricerca anche nei propri rapporti.
Se parliamo invece di Patrick e Art, sono due facce della stessa medaglia (o della stessa racchetta), uno è freddo l'altro fin troppo energico, uno concentrato e l'altro scanzonato e strafottente. Art è ormai stanco della sua relazione, della sua carriera e della sua vita mentre Patrick è aggressivo, desideroso di riconquistare un qualcosa che ha perso e che gli è sempre mancato.
Grazie al continuo via vai di flashback il film riesce a mantenere un buon ritmo ma come detto in precedenza senza mai arrivare ad un culmine effettivo nella narrazione. L'amicizia tra i due è sicuramente esplorata ma restano dei punti su cui Guadagnino non si vuole concentrare che lasciano degli interrogativi allo spettatore; sicuramente l'effetto è voluto ma allo stesso tempo non ci fa comprendere l'ossessione che i due hanno nei confronti di Tashi, e anche l'esplorazione dei loro sentimenti poteva essere un argomento affrontato in maniera più esaustiva.
Se il rapporto amoroso lascia un po' a desiderare, non lo è invece l'amicizia tra i due di cui possiamo assistere ad un'evoluzione soddisfacente. Se partiamo da una sensazione di spensieratezza e ottimismo tipica dell'adolescenza, andando avanti vedremo come si incrina a causa del proprio egoismo e un appiattimento generale dell'amore verso l'altro.
Una regia interessante:
Se dal lato della sceneggiatura "Challengers" non brilla del tutto, qui possiamo afferma tranquillamente che Guadagnino si è dato il suo bel da fare. Nonostante alcune sbavature (alcuni rallenty eccessivamente lunghi), Guadagnino ha provato a sperimentare in alcuni punti tramite dei pov dei giocatori e della pallina che aiutano ad accrescere la freneticità delle azioni.
Una particolare nota di merito va alla colonna sonora, che inizialmente sembra fuori contesto, ma che invece a lungo andare entra perfettamente nel contesto. Le musiche di Trent Reznor e Atticus Ross sono forse la colonna portante del film, capace di adattarsi a ciò che accade sullo schermo e di brillare ancora di più durante le partite di tennis, facendo esplodere tutta la carica emotiva dei personaggi a suon di racchette.
Considerazioni finali:
Se pensavate di andare a vedere un film su un banale triangolo amoroso vi state sbagliando, in Challengers potete trovare di più: seppur l'opera di Guadagnino non riesca mai a raggiungere il suo climax, lasciando numerosi momenti acerbi che non fanno apprezzare in pieno la pellicola e ci fanno domandare come mai non si sia preferita un'altra strada per la narrazione, il film vive grazie all'ottima interpretazione dei giovani attori, la regia immersiva e la musica accattivante.
Sarà molto probabilmente un film divisivo, non è un caso che a buona parte della critica specializzata la pellicola sia piaciuta. Scegliete voi insomma da che "lato" schierarvi, personalmente è rimasto quell'amaro in bocca di aver assistito ad una pellicola che poteva mostrare molto di più e che poteva rappresentare una piccola perla nella filmografia di Guadagnino.
Voi avete visto "Challengers"? Se si, che cosa ne pensate? Vi ricordiamo di seguirci su Xeud per altri contenuti a tema cinema e serie tv.