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Il discorso di Glazer agli Oscar: polemiche per La zona d'interesse

Francesco Morello • 22 Marzo 2024

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Gli Oscar sono sempre stati un'evento di enorme portata, un megafono utilizzato spesso da attori e registi per denunciare la cruda realtà sul palcoscenico dello show business. E infatti ancora oggi non manca di suscitare polemiche e discussione nel mondo dello spettacolo. 

Il discorso tenuto agli Oscar dal regista Jonathan Glazer, di origini ebraiche, ha scatenato una controversia politica di vasta portata. Mentre ritirava il premio per il miglior film internazionale per "La zona d'interesse", Glazer ha criticato gli attacchi di Hamas e ha sollevato dubbi sulle azioni di Israele nei confronti del popolo palestinese. Questo ha suscitato reazioni sia di sostegno che di critica da parte di Hollywood, aprendo così un acceso dibattito sul palcoscenico globale.

Durante il suo intervento sul palco degli Oscar, insieme ai produttori del film, Glazer ha sottolineato che il suo lavoro mirava a riflettere sul presente, evidenziando il percorso della disumanizzazione nelle sue forme più gravi. Sebbene non abbia usato esplicitamente il termine "genocidio", il regista ha evocato la storia di Rudolf Höss e l'indifferenza che permeava la vita accanto all'orrore di Auschwitz, per mettere in discussione le azioni di Israele in Palestina. Ha dichiarato: "Rifiutiamo che la nostra ebraicità e l’Olocausto servano da giustificazione per un’occupazione che ha portato al conflitto così tante persone innocenti".

Le reazioni in sala sono state variegate, con alcuni applausi convinti, inclusi quelli di personalità come Mark Ruffalo, che indossava la spilletta di Artists4Ceasefire, un collettivo di Hollywood che chiede il cessate il fuoco a Gaza. Tuttavia, nel privato, le prime critiche sono iniziate a farsi sentire, preludio di quanto sarebbe seguito.

Una settimana dopo la cerimonia degli Oscar, circa 450 membri della comunità ebraica di Hollywood hanno espresso il loro dissenso attraverso una lettera aperta, contestando le parole di Glazer e accusandolo di distorta rappresentazione dei fatti. Tra i firmatari figurano nomi noti dell'industria cinematografica come Jennifer Jason Leigh, Gary Gilbert e Amy Sherman-Palladino. La lettera sottolinea il rifiuto dell'uso del termine "occupazione" per descrivere le azioni di Israele e condanna l'equiparazione morale tra il regime nazista e il governo israeliano.

Le reazioni alla lettera sono state varie, con alcuni professionisti di Hollywood che l'hanno considerata irrispettosa, mentre altri hanno trovato supporto nelle parole di Glazer. Il regista, tuttavia, non ha ancora risposto alle accuse, mentre il dibattito continua a suscitare interesse e polemiche.

Parallelamente, il discorso di Glazer ha ricevuto sostegno da una figura autorevole come Tony Kushner, sceneggiatore premio Pulitzer e collaboratore di Steven Spielberg. Kushner ha difeso il regista, sottolineando che la sua critica si basa sulla consapevolezza che l'ebraicità e la storia dell'Olocausto non devono giustificare azioni disumanizzanti. Questo sostegno ha contribuito a alimentare ulteriormente il dibattito, portando alla luce prospettive diverse sulla situazione in Medio Oriente.

In conclusione, l'episodio attorno al discorso di Jonathan Glazer agli Oscar ha evidenziato il potere del cinema nel sollevare questioni politiche complesse e suscitare dibattiti significativi. Mentre Hollywood continua a confrontarsi con le implicazioni delle parole del regista, il caso offre un'opportunità per riflettere sulla responsabilità sociale degli artisti e sul ruolo del cinema nel promuovere il dialogo e la comprensione.

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