Silvio Berlusconi è stato ovunque, anche al cinema, in una vita la sua che sembra uscita da una sceneggiatura, diventando un’ossessione perversa di tanti registi.
Durante la mattinata di ieri, 12 giugno, è arrivata la notizia della morte del quattro volte Presidente del Consiglio, all’età di 86 anni. Berlusconi ha traghettato l’Italia dalle macerie della Prima Repubblica, causate da Tangentopoli, fino al nuovo millennio ed oltre, inaugurando una stagione politica basata sull’ idea dell’imprenditore di successo al potere che gestisce lo stato come un’azienda, anticipando di vent’anni l’ascesa di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti d’America.

Una stagione iniziata con la famosa “discesa in campo” alle elezioni politiche del 1994, nelle quali riempì il vuoto lasciato dalla caduta dei principali partiti di governo. Grazie al suo impero, fondato sulle televisioni private (Reti Mediaset), arrivando nel corso degli anni a creare un personaggio che è riuscito a valicare i confini della politica entrando prepotentemente nella cultura di massa, italiana e mondiale.
Berlusconi è riuscito a modellare un nuovo sistema culturale, che ha le sue radici nell’edonismo degli anni ’80, trovando l’apice in concomitanza e in conseguenza dei suoi governi.
Il “Berlusconismo” ha portato con sé una serie di valori come il culto dell’uomo forte che si è fatto tutto da sé e che ostenta fiero il suo impareggiabile carisma, o quello dell’immagine, in cui il corpo viene mercificato per diventare un prodotta da intrattenimento, grazie all’invenzione cringe ma allo stesso tempo geniale, delle veline grazie a trasmissioni come “Drive-In” e “Non è la Rai” , programmi iconici degli anni ’80 e ‘90 dove ragazze poco più che adolescenti facevano balletti e cantavano canzoni (gli antenati di TikTok).
