La serie Tv The Bear (arrivata alla seconda stagione, entrambe disponibili su Disney Plus) si discosta dalla classica narrativa legata al mondo della ristorazione per servirci un piatto agrodolce unico nel suo genere.
La ristorazione fino ad una ventina di anni fa era solo una questione di cibo. Oggi invece sempre più persone vedono nella realizzazione dei piatti qualcosa di più di semplici alimenti combinati tra loro per creare un qualcosa che sia commestibili e riesca a saziare il cliente o l’ospite in questione.
Gli chef, da semplici cuochi, si sono trasformati in show man pronti a tirare posate a chiunque gli serva un piatto leggermente sciapo o che non abbia una “storia” inerente a quell’accostamento di sapori.
The Bear, la serie Tv creata da Christopher Storer, prodotta da Fx e disponibile alla visione sulla piattaforma di streaming Disney Plus, rivoluziona la narrazione culinaria degli ultimi anni servendoci un prodotto che parla sì di cucina e della ristorazione ma anche e soprattutto, di chi quella cucina la vive sulla propria pelle.
Ci racconta dello stress che si trova dietro la realizzazione di ogni singolo piatto e delle ansie che si provano quando ci si mette alla prova fuori dalla propria confort zone.
The Bear è tutto questo ma anche molto di più, perché riuscendo ad uscire dalla cucina come luogo fisico, ci racconta delle condizioni lavorative a cui sono sottoposti cuochi e camerieri, delle difficoltà di aprire una attività nel mondo post-pandemia e soprattutto di quanto nella vita siano fondamentali delle relazioni sane perché come ci viene ricordato per tutte le puntate della seconda stagione: “Every second counts”.
Trama
La trama (in particolar modo quella della prima stagione) più che una storia è un piatto narrativo ben assemblato e cucinato perfettamente.
La ricetta è una di quelle semplici che tutti potenzialmente sappiamo fare a casa ma che nessuno poi riesce a fare bene. Prendete un giovane cuoco all’apice del suo successo che lavora in uno dei migliori ristoranti del mondo e fatelo rosolare in un locale sull’orlo del fallimento senza un minimo di organizzazione finanziaria e lavorativa.
Aggiungete un cugino (di nome ma non di fatto) sempre pronto a criticare e ad incasinare la vita degli altri proprio come la sua e una brigata che non sa gestirsi e gestire anche l’ordinazione più semplice.
A questo punto sfumate il tutto con una giovanissima chef carica di sogni e buone speranze appena uscita dall’accademia, pronta a dimostrare quanto vale agli altri, ma soprattutto quanto vale a sé stessa.
Condite con degli attori all’altezza di una scrittura trascinante, cuocete il tutto a fiamma alta e lasciate andare per 30 – 35 minuti (la durata media di ogni puntata) e infine quando il tutto sarà cotto servitelo su un registro narrativo che si alterna tra il drammatico e il comico, decorando, infine, con un montaggio frenetico che ci farà sentire quell’inconfondibile sapore di stress che si prova nel lavorare in un ristorante.
Ecco a voi la ricetta per una delle serie Tv più originale degli ultimi anni, che con la seconda stagione è riuscita a superare quanto di buono aveva fatto nella prima.
Non è un caso che ad oggi abbia totalizzato il 99% di giudizi positivi sul famoso sito di aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes, dimostrando che esistono ancora serie Tv originali e fatte bene.
La storia prende il via a Chicago, quando Carmen Berzatto, detto Carmy, interpretato da uno strepitoso Jeremy Allen White (Shameless), chef di fama mondiale, decide di prendere in gestione il piccolo locale lasciato dal fratello. Nel corso delle due stagioni Carmy cercherà di risollevare da una parte il The original beef of Chicagoland dal fallimento e dall’altra la sua vita in bilico sull’orlo di una crisi di nervi.
Nonostante le mille difficoltà che la vita gli riserva riuscirà a salvare sé stesso e il locale?
Quello che Christopher Storer ci serve non è però il classico protagonista di un cooking show o dell’ennesimo film sulla cucina, in cui i cuochi sono avidi perfezionisti sempre pronti ad insultare i propri sottoposti, o geni creativi con l’unico obiettivo di creare il nuovo capolavoro della gastronomia.
Al contrario Jeremy Allen White ricopre il ruolo di uno Chef che per la maggior parte del tempo piange tagliando cipolle o si ustiona le mani sollevando pentole incandescenti. Gestire un locale non ci viene mostrato come il sogno che aveva ognuno di noi dopo aver visto da bambino Ratatuoille, ma più realisticamente è un incubo tra bollette da pagare e certificazioni sanitarie di difficile raggiungimento.
Personaggi
Ogni episodio di The Bear è un film di guerra in miniatura dove i protagonisti combattono una battaglia tra loro stessi e lo stress di servire tutti i clienti in tempo a cui viene aggiunta l’ansia di non sapere se il locale aprirà il giorno dopo o se sarà costretto a chiudere per non aver pagato uno o più fornitori.
C’è sempre da fare in cucina e i nostri protagonisti non si fermano mai, sempre pronti a cucinare una salsa, riparare un buco nel muro o a tagliare quantità infinite di verdure.
C’è la sous-chef Sidney Adamu, che viene assunta all’inizio della prima puntata della prima stagione, interpretata dalla giovanissima Ayo Edebiri, il cui talento da solo non basta per lavorare nei migliori ristoranti di Chicago ed è costretta ad accettare il posto nell’ umile paninoteca di Carmen.
Nel corso della serie sarà lei ad aiutare Carmy nel dare ordine al locale e ai dipendenti, iniziando fin da subito a chiamare tutti chef, proprio come si fa nei ristoranti seri.
C’è Marcus (Lionel Boyce), il pasticcere del locale che cercherà prima di creare la ciambella perfetta e poi di diventare un pasticcere all’altezza di Sidney e Carmy.
Troviamo poi la cuoca veterana Tina (Liza Colón-Zayas) renitente ai cambiamenti che inizialmente cercherà di mettere i bastoni tra le ruote ai nuovi arrivati ma che poi con il susseguirsi delle puntate diventerà parte integrante dell’evoluzione del ristorante.
E infine c’è Richie (Ebon Moss-Bachrach), migliore amico del fratello di Carmy, chiamato da tutti cugino ma che non ha parentela con nessuno. Il suo personaggio e la sua evoluzione nel corso delle due stagioni è la cosa a livello narrativo che colpisce di più, presentato all’inizio come uno scansa fatiche con una vita personale incasinata che conosce come unico modo di comunicare la violenza verbale.
Nel corso delle due stagioni e in special modo nella seconda, assistiamo ad un evoluzione dei protagonisti che riesce a dare uno spessore unico anche ai personaggi secondari.
È il caso che citavo precedentemente della cuoca Tina che conosciamo nella prima stagione come una donna burbera poco incline ai cambiamenti che nella seconda, invece, deciderà di mettersi in gioco seguendo un corso di cucina professionale.
L’esempio in questo caso più calzante è il personaggio di Richie, che da “antagonista”, ruolo che occupa simbolicamente nel corso della prima stagione diventerà nella seconda un personaggio positivo, che sarà fondamentale per la realizzazione del sogno di Carmen che nel corso delle puntate diventerà sempre di più il sogno di tutti.
Conclusioni
The Bear è una serie Tv che tratta temi come l’elaborazione del lutto (non vi diremo quale per non fare spoiler), il tentativo costante di essere una persona migliore per noi ma anche per gli altri, e l’impatto del lavoro sulla salute mentale il tutto declinato in chiave culinaria.
Tutto ciò viene messo in scena tramite una regia e un montaggio che, per certi aspetti, sono l’elemento chiave della serie, costellati da rapidi movimenti di macchina, primi piani e inquadrature cariche di tensione a cui, però, viene affiancata una sensibilità nella scrittura e nella recitazione che fa da contro altare alla tachicardia che fanno nascere nello spettatore le continue scene in cui si alternano luoghi claustrofobici, coltelli affilati e urla violente. Questi espedienti hanno lo scopo ultimo di immedesimazione nello stress provato dai protagonisti.
Già dalla fine della prima puntata ci verrà naturale urlare ai nostri amici o parenti “Si, Chef”, oppure “Grazie Chef” e ancora “Passo”, “Dietro”, e così via.
Un posto d’onore all’interno delle due stagioni è da riservare alla puntata 6 della seconda stagione, unico episodio a superare i 60 minuti.
Solo per questo episodio sarebbe da fare una recensione a parte, mi limiterò, invece, a segnalare al suo interno come special guest un’attrice e un attore che non hanno bisogno di molte presentazioni.
La prima è Jamie Lee Curtis (premio oscar come miglior attrice non protagonista 2022), che interpreta la madre di Carmen Berzatto alle prese con un cenone di natale che come portata principale avrà la bellezza di ben sette pesci diversi (potete fin da adesso immaginare lo stress), il secondo invece è Bob Odenkirk, l’inconfondibile volto di Better Call Saul (di cui vi invitiamo a leggere la recensione sul nostro sito).
The Bear al suo interno può contare varie star in special modo nella seconda stagione. Oltre all’episodio 6 citato sopra, vede la presenza di Olivia Colman (un altro premio oscar) e il giovane Will Poulter che si è fatto conoscere in precedenza per la sua interpretazione nel film Midsommar e nell’ episodio interattivo di Black Mirror: Bandesnatch.
In conclusione, descrivere di cosa parla e perché sia giusto recuperare il prima possibile questa serie Tv è stato stressante quasi quanto preparare una giardiniera o un cannolo salato ripieno di mortadella (sì vedrete anche questo e sarà delizioso) ma nonostante ciò quando metterò il punto sarò soddisfatto del mio lavoro.
Come ci insegna Carmy e la sua brigata, non c’è stress, ansia o insulti che tengano quando alla fine della giornata torni a casa e sei soddisfatto di tutto il tempo che hai speso per cercare di essere la versione migliore di te stesso nonostante le mille difficoltà da superare perché Every second counts.
Voti
- Regia: 8
- Montaggio: 8.5
- Sceneggiatura: 7.5
- Recitazione: 8
- Voto: 8