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Recensione Serie TV & Film

Past Lives: il destino come scelta

Tommy Malguzzi • 13 Febbraio 2024

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Sembra banalizzare al giorno d’oggi, ma è un dato di fatto che il cinema coreano ha la visione: Past Lives è l’ennesimo (magnifico) esempio di come anche il più banale dei temi può essere modellato come creta, materiale informe e senza identità, in uno splendido vaso. Celine Song è la mastra vasaia che al suo primo lavoro confeziona uno dei prodotti più convincenti dell’ultimo anno, capace di catturare tutti con una semplicità quasi disarmante.

Una semplice storia d'amore

Si parte dalla Corea del Sud, dove Na Young (la ragazza) e Hae Sung (il ragazzo) sono compagni di classe di 12 anni che sviluppano sentimenti l'uno per l'altro, i quali però dovranno rimanere sopiti per molto tempo, poiché lei si trasferirà con la famiglia in Canada per cercare fortuna, addirittura cambiando nome. I due per puro caso voluto dal destino si reincontreranno anni dopo, cresciuti e cambiati profondamente.

La prima opera della coreana tocca vette veramente alte, grazie ad un lavoro di scrittura abbastanza atipico ma focalizzato su tematiche care sia al cinema natale sia a quello internazionale: la drammaticità della vicenda non arriva da un conflitto, ma dalla semplice normalità delle cose; ogni interazione tra i personaggi sarà strappalacrime (nel senso più giusto della parola) proprio perchè è una storia realistica e comune. 

Hae Sung e Nora (il nuovo nome di lei) non sono fatti per stare insieme, e questo lo si evince in realtà già prima della metà della pellicola, ma ciò non deve rappresentare un problema: difatti più andiamo avanti più i dialoghi tra i due danzano in mezzo a tematiche quali il destino (dopo ci ritorneremo), l’età adulta, la responsanbilità, i ricordi, il tempo e la nostalgia ma anche la presa di coscienza di alcuni aspetti legati all’amore.

Il destino come scelta

Il destino qui è declinato in maniera sapiente e riflessiva: si parte da un termine coreano, In-yun, letteralmente “provvidenza” o proprio “destino”, ma il suo significato è ben più complicato. L’in-yun indica il collegamento karmico tra due persone che si sono amate nella vita passata, e che in questa sono invece anime gemelle.  Come sarebbe finita tra i due se lei fosse rimasta in Corea, o ancora se non avessero smesso di parlarsi? E se lui non avesse intrapreso una relazione nel mentre, la vicenda sarebbe cambiata? L’in-yun si declina anche qua, è un destino scelto, non un destino posato dall’alto, e questo fa ancora più male.

In quanti però hanno trattato questo tema? La bravura della regista sta proprio nel volersi distanziare dal melenso stereotipo del film romantico-drammatico, volendo raccontare quasi in maniera documentaristica una storia di vita, che invetabilmente diventa anche autobiografica. Difatti non a caso i riferimenti cinematografici sono quasi tutti derivanti dalla Trilogia dei Before di Richard Linklater, e dalla complessità filmica dei capolavori di Wong Kar Wai.

Ma come già sapete, un buon film non può essere solo parola, ma deve essere anche immagine.

Un'estetica minimalista

Past Lives si appogia a stilemi già usati e strausati da qualsiasi cinema mondiale, che sia quello statunitense o quello italiano, ma ciò trova una giustifica nel momento in cui il comparto storia è stato proprio pensato in questo modo, semplice e diretto ma al contempo dolce e pacato. La Song lascia che il dialogo scandisca il tempo del montaggio e addirittura la scelta stessa dell’inquadratura: i personaggi sono spesso distribuiti a schermo sapientemente, avendo già in testa come poi a montaggio si possa staccare una camera con l’altra.

I tempi dialogici sono quindi incredibilmente perfetti, mai pesanti nonostante il tono drammatico e scorrevoli come se si trattasse di una commedia. 

Conclusioni

Per riassumere, Past Lives è un film estremamente stratificato nonostante la sua pellicola da classico film drammatico e riflessivo: la semplicità con cui la debuttante Celine Song ci racconta questa (forse sua) storia rende l’esperienza cinematografica godibile e mai pesante, nonostante i continui tentativi riusciti della regista nel tentare di far lacrimare lo spettatore. La discussione sul destino e sull’evoluzione dell’amore la fanno da padrone e non si può che uscire dalla sala con parecchie domande, non sul film in sè, ma in generale sulla propria vita.

Voglio lasciarvi con uno stralcio dell’intervista di Vanity Fair fatta all’attrice protagonista (splendida nel ruolo) Greta Lee, che riassume perfettamente il ragionamento sul destino e sull’amore del film: “L’amore può manifestarsi sotto molti aspetti, anche come amore per sé stessi. Nora, per esempio, impara ad amarsi come persona e come donna. Spesso abbiamo l’idea che amare significhi scegliere qualcuno, che dipenda da questa o quella persona, che sia giusto o sbagliato. È un’idea diffusa specialmente in Occidente, ma è riduttiva.” Qui l’intervista completa.

Il film, proiettato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma a ottobre, è disponibile da oggi (non a caso San Valentino) nelle sale cinematografiche italiane, grazie all’acquisto di Lucky Red. Vi consigliamo ovviamente di vederlo al cinema, in quanto è raro che film di questo tipo (e calibro ormai, mi vien da dire...) vengano distribuiti in questa maniera.

REGIA: 8

FOTOGRAFIA: 8

SCRITTURA: 9.5

PROVE ATTORIALI: 9

VOTO: 9

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