Dopo un conto alla rovescia iniziato più di un anno fa con il primo trailer, Oppenheimer è esploso come la bomba che vuole raccontare lasciando un segno indelebile nella carriera di Christopher Nolan consacrandolo (per ora) ad essere il suo miglior film.
Dopo una lunga attesa che sembrava non finire mai Oppenheimer di Christopher Nolan è finalmente arrivato nelle sale italiane. Il dodicesimo lungometraggio del regista di Interstellar, Inception, la trilogia di Batman, Dunkirk e tanti altri, è un biopic sulla vita del fisico più discusso e controverso del Novecento.
Ma andiamo con ordine e non incasiniamo le cose come tanto piace fare a Nolan.
Trama
La sceneggiatura non è originale e si basa sulla biografia Oppenheimer. Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica di Kai Bird e Martin J. Sherwin premio Pulitzer del fisico “padre della bomba atomica” colui che diventò, grazie alla sua invenzione, “il distruttore di mondi”. Il film pur raccontando una storia vera e biografica, si divide fin da subito su tre piani temporali che narrano tre momenti diversi della vita di J. Robert Oppenheimer.
Il primo livello spiega le origini del personaggio, dove e come ha studiato, le difficoltà e le ansie che ha provato nei suoi studi in Europa, ma anche le gioie degli incontri che gli cambieranno la vita, come quelli con Niels Bohr (Kenneth Branagh) e Werner Karl Heisenberg, il ritorno nell’amata patria americana e il suo lavoro di direttore del progetto Manhattan culminato con il Trinity Test. Ma non solo.
In questo livello narrativo non ci viene mostrato esclusivamente come nasce il fisico ma anche come si definisce l’uomo.
Ci sono scene in cui Oppenheimer il fisico scompare e al suo posto ci viene mostrato Robert, o Oppie come scherzosamente viene chiamato nel film dai suoi amici più cari. Sono scene intime in cui la fredda razionalità dell’uomo di scienza viene spodestata dall’amore.
Un amore verso le donne della sua vita, interpretate in modo eccelso da Florence Pugh (l’amante) e Emily Blunt (la moglie), amori diversi tra loro ma accumunati da un tormento interiore e mai banale che ha il suo culmine nella scena in cui Cillian Murphy e Florence Pugh, dopo aver fatto l’amore, sono seduti uno di fronte all’altro completamente nudi. Una scena che trasmette un’intimità unica che il regista grazie ai suoi attori riesce a trasmettere in modo sublime.
Nel film però c’è anche un altro tipo di amore più nascosto ma che esce fuori lentamente, un amore più universale quello che poi verrà tradito dal suo stesso lavoro. Sto parlando dell’amore che Oppenheimer prova verso l’umanità, un amore così potente che lui stesso fa fatica a comprendere. Sarà proprio questo amore universale che lo porterà ad avvicinarsi all’ideologia comunista.
Un amore che gli si ritorcerà contro sia in ambito morale distruggendogli l’animo e sia in ambito sociale, venendo accusato dai suoi detrattori di aver passato informazioni ai sovietici.
Qui entriamo nel secondo livello narrativo e temporale della storia: l’accusa di comunismo.
Siamo nei primi anni ’50 la bomba è scoppiata e il mondo è salvo (più o meno). Gli Stati Uniti dopo la vittoria sui nazisti hanno voltato la loro attenzione su un altro nemico, l’URSS (la Russia comunista).
Nel mondo dilaga la guerra fredda e sul suolo statunitense viene avviata una “caccia alle streghe” contro chiunque sia sospettato di essere un sostenitore dell’ideologia socialista. Un periodo della storia a stelle e strisce che si è sempre cercato di sminuire o, peggio, dimenticare, ma che Nolan ritira fuori e ne fa il fulcro narrativo di tutto il secondo atto.
Poi si passa al terzo ed ultimo livello temporale, quello in cui Oppenheimer scompare (questa volta veramente) lasciando il ruolo di protagonista a colui che molti non si sarebbero mai aspettati di vedere in un’opera di questo genere, sto parlando Robert Downey Jr. nel ruolo di Lewis Strauss un uomo d’affari self made che da venditore di scarpe è arrivato a ricoprire il ruolo di presidente della Commissione per l’Energia Atomica, di cui ovviamente faceva parte anche il nostro Oppie.
In questo piano viene immessa il tema molto caro a Nolan della relatività, di come la stessa storia cambi radicalmente se vista con occhi diversi. È il caso di Lewis Strauss che invidioso della fama acquisita dal fisico cerca di vendicarsi di un qualcosa però che Oppenheimer non ha mai voluto, ovvero la gloria per un’invenzione che di glorioso ha ben poco.
I tre piani temporali potrebbero essere interpretati come una sorta di trilogia dove il nostro eroe e allo stesso tempo antieroe nasce, matura affrontando chi lo attacca, per poi infine essere riabilitato come eroe riuscendo a convivere con i propri demoni.
Un chiaro riferimento alla trilogia su Batman che ha consacrato Nolan non solo come uno dei migliori autori del nostro tempo ma anche come ottimo regista che ha saputo conciliare un cine comic con una regia d’autore, un’operazione non banale che ad altri registi non è riuscita.
Analisi
I tre piani narrativi che ho cercato di riassumere ed esporre nel modo più chiaro possibile (spero di esserci riuscito) ovviamente nel film sono intrecciati tra loro grazie all’uso del montaggio alternato che allontana il film dai canoni classici del biopic cinematografico ed in questo Nolan si supera usando in modo perfetto il bianco e nero per differenziare i vari punti di vista e livelli di narrazione.
Tutto quello che noi vediamo che si riconduce alla soggettività di Oppenheimer è a colori, mentre le scene in cui il soggetto narrante è Lewis Strauss sono in bianco e nero, sottolineando così la relatività soggettiva che accompagna tutta l’opera.
Se in molti altri film di Nolan la narrazione sempre così intricata si andava alcune volte a perdere mostrando piccoli buchi di trama qua e là oppure lasciando lo spettatore spaesato davanti a salti spazio-temporali di difficile interpretazione, qui invece assistiamo alla maturazione completa del regista.
Lasciando da parte i suoi tanto adorati esercizi di stile ci restituisce un ritmo incalzante, anche grazie alla splendida colonna sonora di Ludwig Göransson che prende sempre più velocità fino allo scoppio, visivamente spettacolare, del Trinity Test per poi rallentare nuovamente verso il finale, cosa però funzionale per la trama stessa.
Questo è un film storico della lunghezza di poco più di 3 ore che racconta la storia di un fisico, eppure non risulta per nulla pesante e mai noioso.
Non ci sono spiegoni sulla fisica quantistica o sulla geopolitica della guerra fredda, non ci sono però neanche scontri a fuoco, inseguimenti o scene di guerra e allora come fa un film del genere a tenere incollato allo schermo lo spettatore per così tanto tempo?
Semplice, raccontando una storia, perché a volte basta saperle raccontare le cose per attirare l’attenzione, ancor di più se è una storia dalla parte sbagliata della Storia. E qui veniamo all’ultimo tema che voglio analizzare di quest’opera.
Come dicevo prima, Oppenheimer è un film storico sulla Seconda Guerra Mondiale che però della guerra non fa vedere nulla, eppure si percepisce per tutto il film ne senti il dramma ne puoi percepire il dolore questo perché la Storia è fatta dagli uomini che con le loro debolezze, i loro dubbi, ma anche con le loro ambizioni creano il mondo.
Perché la Storia, come questo film, non da giudizi, lascia a noi l’interpretazione.
Nel corso di tutte le 3 ore J. Robert Oppenheimer non dirà pubblicamente ed esplicitamente di essersi pentito della creazione della bomba atomica, ma in un certo senso non c’è bisogno che lo dica, ce ne accorgiamo da soli perché sappiamo tutti che è facile pentirsi delle proprie scelte se esse si rivelano sbagliato.
La vera difficoltà sta nell’imparare a conviverci cercando di imparare qualcosa.
Voti
-
Regia: 9
-
Recitazione: 9.5
-
Sceneggiatura: 9.5
-
Musiche: 9
-
Voto: 9