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L’orrore ti chiama 4: Film Psicologici da vedere

root • 2 Novembre 2023

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Ci siamo la prima stagione della nostra rubrica “L’orrore ti chiama” è arrivata alla fine (ma solo di quest’anno tranquilli). Questa volta tratteremo il sottogenere dei film psicologici, preparativi quindi a partire per un viaggio tra la psicologia umana, la percezione e la mente.

Per recuperare i precedenti capitoli de “L’Orrore ti chiama”: L’orrore ti chiama: Paranormale, L’orrore ti chiama: Splatter, L’orrore ti chiama: Slasher

Ghostland consiglio di Matteo Pugliesi:

Il regista Pascal Laugier, dopo Martyrs, ci regala un altro film horror sensazionale che tutt’ora rimane il suo ultimo lungometraggio. Ghostland fa molta leva sul fattore psicologico dei personaggi coinvolti mostrandoci un continuo alternarsi di uno spietato e violento realismo e una disturbante visione psichica dettata dai traumi.

Il regista, che si è occupato anche della scrittura, ha ripreso molti cliché dei film slasher e li ha trasformati in una storia innovativa e sorprendente. Tutto il prodotto è curato sin nei minimi dettagli; abbiamo un’ambientazione stupenda, degli antagonisti che stanno in un sottile strato tra una terribile realtà e un esagerazione estetica ben gestita.

Ogni cliché verrà ribaltato in maniera geniale e sensata; i vari colpi di scena saranno utilizzati e contestualizzati molto bene e infine tutti i vari personaggi riescono a ricevere un giusto approfondimento. Ogni singola ripresa e ogni singolo dettaglio è gestito alla perfezione e come un certo personaggi recita all’interno di Ghostland “se cambiasse anche una singola parola non potrei più godermi quest’opera”.

Il lungometraggio racconta la storia di due sorelle e della loro madre intente a trasferirsi in una nuova casa, ma purtroppo ad attenderle ci saranno degli eventi traumatici; dopo quest’ultimi una sorella riesce ad andare avanti ma l’altra sembra rivivere quel giorno in continuazione, chissà cosa succederà. Come se non bastasse, questo film è un grosso omaggio ad un certo H.P. Lovecraft.

Purtroppo “La Casa Delle Bambole” non è stato considerato molto, soprattutto dal pubblico italiano, ma noi vi invitiamo a dargli un’occhiata perché secondo noi risulta essere un prodotto imperdibile per gli amanti del genere. E noi speriamo di rivedere presto il ritorno di Laugier alla regia, sperando di imbatterci nell’ennesimo capolavoro. Potete visualizzare Ghostland abbonandovi a Now TV o ad Amazon Priem Video.

Midsommar consiglio di Matteo Pugliesi:

Midsommar è un film horror del 2019 ed è il secondo lungometraggio della carriera registica di Ari Aster, uno dei migliori registi del momento. Sebbene tutti i suoi attuali 3 prodotti sono die capolavori, nessuno di loro ha avuto un successo incredibile al botteghino.

Midsommar però è ritenuto da molti amanti del genere horror, come uno dei migliori film degli ultimi anni e noi non possiamo che concordare con tale affermazione e in seguito vi spiegheremo il perché. Quest’opera ha innanzitutto dettato l’effettiva esplosione della carriera dell’attrice protagonista, ovvero Florence Pugh, la quale è diventata ancora più famosa partecipando a film come Black Widow, Oppenheimer e Dune Parte 2.

La sua bravura si nota anche nel film di Aster ma non è sola dato che, oltre a moltissimi attori che hanno svolto un ottimo lavoro, c’è anche un’ottima interpretazione da parte di Vilhelm Blomgren che ha reso iconico il suo personaggio grazie alla sua ottima capacità attoriale.

Sebbene il film abbia delle tematiche tipiche del sottogenere slasher, il regista punta molto a spaventare gli spettatori dal punto di vista psicologico con situazioni che vi metteranno ansia e disagio. Inoltre fa parte anche di un sottogenere ancora più raro come quello dell’horror folkloristico, prendendo molta ispirazione dall’originale The Wicker Man.

Inoltre il regista cambia totalmente stile rispetto al suo film precedente (Hereditary) andandoci a regalare un horror che non punta più sul jumpscare e su mostri nascosti nell’ombra ma ci mostra l’orrore direttamente alla luce del sole lasciandoci interdetti e spaventati.

Ma come sempre Aster non si limita a creare una semplice storia dell’orrore ma ci ricorda cosa sono le cose che ci spaventano realmente nel mondo reale. Midsommar parla anche della perdita di un familiare, della fine delle relazioni sentimentali e degli effetti delle droghe sulla psiche umana. Il tutto è rappresentato con delle inquadrature stratosferiche, un’ambientazione visivamente mozzafiato e delle musiche che si sposano perfettamente con ogni contesto.

A rendere ancora più bello questo film sono gli innumerevoli dettagli che presenta, riguardandolo noterete che ogni azione e ogni dialogo ha un senso e uno scopo; ci sono un sacco di citazioni alla cultura e alla mitologia scandinava e infine il set, i costumi, i balli e persino una nuova lingua sono stati creati “solo” per rendere il tutto più credibile e memorabile.

Potete trovare Midsommar su Netflix e su Amazon Prime Video; inoltre se il film vi piacerà ci sentiamo di consigliarvi la director’s cut disponibile tramite blu-ray. Infine vi invitiamo a dare un’occhiata anche a Beau Is Afraid, l’attuale ultimo film di Ari Aster che ancora una volta riuscirà a stupirvi con le sue idee.

The Lighthouse consiglio di Michele Marchetto:

The Lighthouse è il secondo lungometraggio del giovane regista Robert Eggers, uscito nel 2019. Il film ci introduce nella storia di due guardiani del faro che vivono su una remota e misteriosa isola nel New England alla fine del XIX secolo.

Durante la visione del film, ci immergeremo completamente in un incredibile atmosfera cupa che lo caratterizza. Sfruttando appieno il bianco e nero e il rapporto d’aspetto 1:1, Eggers crea un’enfasi sull’isolamento; il formato quadrato dello schermo non consente una visione periferica, ma ci trattiene all’interno di quel quadrato, che rappresenta la nostra isola. Inoltre, l’assenza di colori contribuisce a creare immagini sorprendenti che lasciano lo spettatore sgomento.

La fotografia del film è impeccabile ed è considerata una vera e propria protagonista nell’approfondimento dei personaggi, catturando la crudezza dell’ambiente circostante. La sceneggiatura è ricca di simbolismo, che spazia dall’arte al teatro shakespeariano. Lo sviluppo delle relazioni e della psicologia dei personaggi è straordinario, e questo è sicuramente dovuto alle performance eccezionali dei due attori. Willem Dafoe è semplicemente sbalorditivo nel ruolo del vecchio capitano del faro, un personaggio eccentrico, autoritario e misterioso. Dafoe offre una performance memorabile, catturando l’essenza di un uomo ossessionato dal faro e dalla sua storia. Anche Robert Pattinson offre una performance potente nel ruolo del giovane e instabile assistente, fornendo una valida controparte per Dafoe.

Il suono e la colonna sonora contribuiscono in modo quasi disturbante a creare atmosfere veramente inquietanti. Suono e immagine si sposano perfettamente, creando un capolavoro. C’è davvero poco da aggiungere, Robert Eggers ha creato un’opera d’arte cinematografica pura che rimarrà nella memoria degli spettatori per molto tempo.

Scappa – Get Out consiglio di Michele Marchetto:

Jordan Peele scrive e dirige “Get Out”, uscito nelle sale nel 2017 è un thriller/horror psicologico che si pone l’obiettivo di giocare con lo spettatore rendendo la visione del film un modo per far discutere di un tema molto importante come il razzismo.

“Get Out” è quindi sì una potente critica satirica, che discute anche del privilegio che hanno i bianchi negli Stati Uniti, ma a favore di non restare fermo solo sul messaggio riuscendo a mescolare abilmente l’horror/thriller con il commento sociale.

Peele fa questo uso molto intelligente degli stilemi dell’horror per esplorare in maniera efficace questioni profonde e attuali legate al razzismo e alla discriminazione, riuscendo a tirare fuori una pellicola che provoca, ma che non si ferma solo alla provocazione riuscendo quindi a farsi apprezzare anche da un pubblico che non vuole approfondire anche se possiamo dire che i temi e le critiche sono molto esplicite.

La performance di Daniel Kaluuya che interpreta Chris Washington è eccezionale, trasmettendo efficacemente l’angoscia e la tensione che il suo personaggio sperimenta.

“Get Out” è un film che sfida lo spettatore a riflettere sulle dinamiche razziali nella società contemporanea e lo fa con uno stile che col tempo Peele continua ad affinare pensiamo alle sue altre opere come: Us (stupenda pellicola del 2019) e Nope (il capolavoro di Jordan Peele uscito nel 2022), ma pensiamo anche ad un’altra recente pellicola scritta a 4 mani da lui e da Henry Selick (regista di Coraline e The Nightmare Before Christmas) ovvero Wendell & Wild che riporta la stop motion stupenda di Selick e la comicità di Peele unita ad un racconto critico e che con una grossa importanza al messaggio.

Un’opera in conclusione importantissima per Peele che riesce a dare ventata di aria fresca al genere e a dimostrare tutto il suo talento come regista e sceneggiatore

The Neon Demon consiglio di Luca Di Cesare:

Refn è diventato ormai uno dei registi più riconoscibili del 21esimo secolo, con il suo stile inconfondibile arrivato alla portata di tutti grazie a Drive che però riesce a trovare una nuova esposizione e profondità nel film The Neon Demon, tra l’altro l’ultima produzione cinematografica del regista, che negli ultimi anni ha lavorato solo a prodotti televisivi come Copenhagen Cowboy e Too old to die young.

The Neon Demon si pone fin da subito come un film che punta tantissimo sull’estetica, Refn qui si sbizzarrisce per proporre la sua visione tipica ma alla massima potenza, accompagnata tra l’altro da una trama dalla grande suspense e con tematiche profonde, andando quindi oltre il mero esercizio di stile.

Jesse è un’aspirante modella che si trasferisce da una piccola cittadina del centro degli Stati Uniti nella grande Los Angeles. Jesse sperimenterà sulla sua stessa pelle gli abusi dell’industria della moda. Refn ci mostra un mondo malato, praticamente privo di empatia umana e che saprà usarla in modi più contorti di quanto si possa pensare.

Il neon tipico della visione di Refn si adatta perfettamente al tema disumano della pellicola, mostrando l’artificiosità dei rapporti tra i personaggi e fungendo perfettamente anche solo esteticamente all’ambientazione dei set fotografici. Refn muove una forte critica a questa industria, che non fa altro che metaforicamente e (letteralmente) mangiare e risputare le donne, usandole finché non arriverà qualcuna più giovane e migliore di loro.

Il regista danese in questo caso sa usare perfettamente dei momenti di ansia e disgusto puro e concreto a dei momenti maggiormente surreali, altrettanto tipici del suo cinema, i quali non sono altro che metafore per muovere le tematiche e le critiche presenti nel film. Insomma, se non l’avete visto vi state perdendo un vero gioiellino, basterebbe la fotografia e la messa in scena per renderlo un piacere per gli occhi.

Menzioni onorevoli: Ecco a voi altri 10 film psicologici che non siamo riusciti ad inserire

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