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La Bete: non cambiamo mai

root • 12 Settembre 2023

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La Bete | Come ben saprete se avete seguito le nostre news, in questi giorni si è svolta l’80° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, organizzata dalla Biennale. Fortunatamente un nostro inviato è riuscito a partecipare ad alcune delle anteprime più attese del festival; per questo abbiamo deciso di raccontarvi le nostre prime impressioni.

Ogni prodotto di cui parleremo in questa serie di articoli è stato visionato in lingua originale; inoltre nella nostra analisi potrebbero essere presenti degli spoiler secondari, quindi procedete con cautela. Senza ulteriori indugi vi invitiamo a seguirci in questa breve discussione su La Bete (The Beast) di Bertrand Bonello.

Il regista decide di riprendere il racconto “La bestia nella giungla” del 1903, scritto da Henry James, per trasporlo sul grande schermo basandosi sulla propria visione. Per far ciò si affida a due attori di grandissimo talento come Lèa Seydoux (The French Dispatch/ Death Stranding) e George MacKay (1917) che però, secondo noi, non vengono sfruttati bene.

Per capirlo meglio il perché di tale affermazione però dobbiamo addentrarci all’interno dell’apparentemente complessa trama di La Bete. La storia parte da un futuro distopico, non molto ispirato, dove le AI hanno il controllo su tutto, qui la protagonista Gabrielle decide di sottoporsi ad un trattamento per modificare il suo DNA in modo tale da togliersi le emozioni, considerate pericolose in quel mondo.

Questo strano macchinario, decisamente ispirato allo stile di David Cronenberg, le permetterà di rivivere le sue precedenti vite per eliminare tutto ciò che non le va bene; questo ci porta a vivere tre storie in tre epoche diverse. Quest’ultime però, tranne qualche piccola scelta registica e artistica ben curata e originale, risultano essere troppo spoglie di contenuto.

Infatti il problema peggiore di La Bete è sicuramente il ritmo; il film dura circa 2 ore e 20 minuti e per tutto questo minutaggio i personaggi parleranno si e no per circa 30 minuti. Quindi siamo costretti a perderci in 2 ore di riprese inutilmente lente e senza un impatto artistico tale da giustificarle; con 1 ora in meno l’opera sarebbe stata più godibile e il messaggio di fondo si sarebbe comunque capito senza problemi.

La storia di La Bete infatti, se analizzata, risulta essere molto semplice; ma nella trasposizione di Bonello questa semplicità viene inutilmente allungata da sezioni lente, noiose e per lo più inutili. Inoltre le interpretazioni dei due attori principali sono talmente esagerate da non sortire l’effetto sperato; infatti la paura di Gabrielle si trasforma in fastidio e l’inquietudine portata da George si tramuta in comicità.

Le urla esageratissime della protagonista e le musiche che passavano dall’essere assenti per molti minuti per poi esplodere improvvisamente hanno l’unico effetto di non far addormentare lo spettatore. Ciononostante ci sono piaciute alcune scelte registiche particolari e ben fatte; in alcuni casi contribuiscono a ricordare le tipiche atmosfere di David Lynch.

Ma ora andiamo ad analizzare il messaggio che La Bete ci vuole mandare; in pratica è una critica verso quelle persone che nonostante sappiano che il loro partner li porterà verso un futuro triste e distruttivo non riescono a fare a meno di amarlo. Quest’ultimo è sicuramente un focus molto importante e interessante ma che poteva essere raccontato in molto meno tempo senza allungamenti di brodo estremi.

In conclusione La Bete risulta essere un prodotto con un’ottima idea alla base ma che non riesce ad adattarla. Ciononostante pensiamo che quest’opera possa comunque piacere agli amanti del genere sci-fi/horror e quindi vi invitiamo comunque ad andarlo a vedere quando uscirà definitivamente al cinema; anche se per il momento non abbiamo una data precisa.

Ecco a voi tutti gli altri articoli sui film della Biennale di Venezia:

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