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Recensione Serie TV & Film

Dune Parte 2: un gigante meraviglioso

Tommy Malguzzi • 5 Marzo 2024

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Incredibile pensare che siano già passati più di due anni dall'uscita del primo film, ma proprio in questi giorni nei cinema di tutta Italia è approdata la seconda parte di Dune, epopea di Denis Villeneuve, capolavoro di una fantascienza d'intrattenimento adulto che sembrava essersi persa nei soli adattamenti Marvel (ormai nemmeno più adulti). Con un budget di 190 milioni di dollari e un opening al Box Office con cui i soldi sono già stati recuperati, questa seconda parte sta già stupendo tutti, facendo partire una vera e propria dune-mania. Sarà difficile differenziare la recensione della prima parte da questa, ma seguitemi per capire cosa in Dune lo rende il quasi capolavoro che possiamo ammirare in sala.

Lunga vita al Lisan al-Gaib

L'odissea di Paul "Muad'Dib" Atreides giunge ad una specie di conclusione spirituale alla fine di questo gigante da più di 5 ore, dopo che i personaggi che ruotano attorno alla sua figura riescono finalmente a trovare un vero e proprio carattere: perchè si, se nel primo si poteva criticare la mancanza di mordente da parte di alcune figure, in questa seconda parte ogni personaggio ha il suo posto nell'economia della narrazione, risultando quindi interessante e necessario per il conflitto che porta o semplicemente per come irrompe nella narrazione. 

Paul e sua madre, Lady Jessica , vivono ora con i Fremen, popolo di Arrakis, da anni in guerra con le grandi case che vengono a razziare il loro pianeta. Il capo tribù Fremen, Stilgar, e la Fedaykin Chani hanno arruolato Paul per aiutarli nelle incursioni di guerriglia contro gli Harkonnen, imperialisti che hanno preso il controllo del pianeta. Chani è innamorata di Paul e ne intuisce il valore militare, mentre a guidare Stilgar è una convinzione molto più profonda: crede, insieme a un numero crescente di religiosissimi Fremen, che Paul rappresenti il compimento di una profezia, ovvero sia un messia inviato su Arrakis per liberare i Fremen dalla sottomissione.

Nonostante ciò, Paul sa che alimentare questa credenza è pericoloso, soprattutto perchè dietro a tutto ciò c'è l'ordine del Bene Gesserit, "eminenza" grigia veramente a capo dell'Imperium che cerca di sottomettere i Fremen con questa propaganda religiosa. Oltre a ciò è di nuovo tormentato da delle visioni derivanti dalla spezia, le quali gli suggeriscono un futuro terribile, di cui lui è carnefice.

Già da queste poche righe di sinossi si intuisce come il film vira quasi completamente da un'esposizione del mondo di Arrakis ad uno sviluppo (forse quasi incontrollato) dei personaggi: sino all'ultimo minuto le marionette guidate da Villeneuve si muovono e si evolvono, non rimanendo mai personaggi statici e poco interessanti; ognuno ha il suo conflitto e porta sul tavolo quella parte caratteriale necessaria a comporre una sceneggiatura del genere, in cui politica, religione, propaganda e una dose action non da poco si fondono perfettamente.

Grazie a ciò lo spettatore percepisce una tensione che permea la totalità della pellicola, una tensione che è diversa dalla quasi inquietudine che il protagonista prova nel primo alla vista delle visioni: Paul è tormentato dal potere, lo rinnega ma lo insegue continuamente, forse ossessionato dalla figura di un padre estremamente lungimirante ma potente come quasi nessun altro nell'universo. Le possibilità che ha Paul sono infinite e noi siamo tirati in mezzo nel momento in cui a lui sorgono i primi dubbi sull'operato che andrà a compiere. Dune è immersivo anche grazie alla sua natura di film politico e adulto, nono solo per le meravigliose immagini.

Un capolavoro formale

Questa è forse la parte più complicata di tutta la disamina del film, perchè si potrebbe tranquillamente scadere nella più scadente delle lodi ad un film oggettivamente tecnicamente inattaccabile: per questo voglio provare a sviscerare ogni sua componente tecnica per cercare di rende più chiaro come mai la seconda parte di Dune sia riuscita a superare tecnicamente la prima parte.

Villeneuve è sempre stato in grado di creare dei veri e propri quadri in movimento e ciò è possibile riscontrarlo anche nelle sue opere più lontane, come quelle del periodo canadese: in film come La donna che canta possiamo già notare come alcune inquadrature di Dune siano prese e trasportate su Arrakis alla perfezione; oppure ancora più recente, diverse sequenze più tese possono essere paragonate ad alcune scene di Sicario. Capiamo quindi che questo Dune è il vero apice di una lunga e meravigliosa filmografia, in cui il regista mette tanto di se stesso, riuscendo a comporre alcune delle immagini più belle mai viste.

Il formato originale rimane quello del primo, con l'1,90:1 per quasi tutta la durata del film e l'1,43:1 per gli spazi aperti: attenzione però che noi in Italia non potremo usufruire del secondo formato, poiché non esiste una sala in grado di proiettarlo. Si ripresenta quindi il problema di un film estremamente teconologicamente avanzato in tutto e per tutto, purtroppo non accessibile a tutti.

Ciò che invece possiamo vivere appieno è il suono: ancora di più che nel primo capitolo qui il sound design raggiunge vette stratosferiche: il team messo in piedi da Villeneuve lavora in simbiosi col regista, creando un mondo sonoro senza eguali, dettagliato e potente, tanto da riuscire a far tremare i seggiolini della sala cinematografica. Che siano delle sequenze action, come quella della cavalcata del vermone, oppure dei momenti di "silenzio" nel deserto, il suono è sempre presente e narratore di un amviente naturale inospitale ma estremamente affascinante.

E così si passa quindi alla musica, suono vero e proprio: Hans Zimmer qui (come nel primo) firma forse il suo capolavoro, una colonna musicale in grado di fondersi con l'esotico e il mistero del deserto e di una cultura, quella araba, che rimane sempre e comunque affascinante. Le note del maestro Zimmer diventano sound design vero e proprio, in quanto sembrano suonate dai personaggi stessi. Sarebbe quindi impossibile immaginare Dune senza questa musica quasi eterea e inarrivabile, tema del deserto come della rivolta dei Fremen.

Conclusioni

Come c'era da aspettarsi, Denis Villeneuve confeziona veramente uno dei migliori film di fantascienza d'intrattenimento di sempre, grazie ovviamente non solo alla sua maestria nel muovere la camera ma anche ad una base letteraria senza eguali, capace di influenzare tantissime opere, sia sci-fi che non. Una vera e propria esperienza multisensoriale, per ora unica nel suo genere.

REGIA: 9

FOTOGRAFIA: 9.5

SUONO: 9.5

SCRITTURA: 8

PROVE ATTORIALI: 8

VOTO: 9

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