Il 21 luglio sarà un giorno che il cinema si ricorderà per sempre: Barbie e Oppenheimer, due film stilisticamente completamente opposti escono in USA lo stesso giorno, creando quindi un fenomeno sia mediale che reale forse senza precedenti nella storia recente (paragonabile solo alla follia dell’anno scorso derivata dalla collaborazione tra il rapper Yeat e Minions 2).
In Italia il biopic di Christopher Nolan non uscirà prima del 23 agosto, ma Barbie al contrario nei cinema italiani è uscito un giorno prima, ed è quindi disponibile in praticamente tutte le sale del Belpaese. Ma alla fine, com’è il film ispirato alla più famosa bambola della Mattel?
Una trama brillante
Dalla mente di Greta Gerwig e del marito Noah Baumbach non ci si poteva aspettare altro, due penne figlie (artisticamente) del nostro millennio e che prodotto dopo prodotto ci hanno abituato ad un tipo di scrittura ben delineato, spesso ironico e critico.
Ecco questa pellicola è proprio ciò, pura ironia e satira, forse fin troppo pura. La storia è semplicissima, Barbie si risveglia dall’utopia in cui vive e dopo aver pensato alla morte ha qualcosa che non va. Per tornare a come era prima dovrà andare nel mondo reale e trovare la bambina che è collegata a lei. Qui scoprirà che la realtà non è come il suo mondo.
Da una base del genere i coniugi Gerwig-Baumbach delineano una sceneggiatura che si scaglia su ogni tematica collegata a femminismo e patriarcato che viene discussa giornalmente su social e media vari, collegandola con ciò che la bambola rappresenta e discutendo sull’efficacia di questa nel consegnare al mondo un messaggio positivo.
Inoltre il film si piazza nella miriade di prodotti che nel nuovo millennio discutono su realtà e finzione e su come questa influenzi quindi la nostra quotidianità. Necessario? Forse no, ma i due hanno deciso che forse era il modo migliore per parlare di tutto ciò.
Tutto troppo semplice?
Ma cosa c’è che non va quindi? Prima ho detto che forse la satira e l’ironia sono troppo “pure“, ma cosa significa? Semplice, didascaliche: Barbie e Ken parlano come delle bambole, con un lessico abbastanza forbito e frasi costruite con una sintassi perfetta, e ciò cozza con la satira, che dovrebbe essere sporca e velata.
Però per fare arrivare allo spettatore i vari messaggi, i due sceneggiatori hanno dovuto per forza di cose virare sul didascalismo più sfrenato, letteralmente sputando in faccia al pubblico anche i pensieri più semplici. Le battute fanno si ridere, i dialoghi sono si d’effetto, ma il senso d’artificio è troppo presente e si capisce che il pensiero dietro forse non è troppo genuino, visto che il fine ultimo è ovviamente guadagnare.
Inoltre spesso durante la visione della seconda parte del film mi sono ritrovato a pensare come alcune scene siano fin troppo scorrette e che alimentino quel femminismo tossico che negli ultimi anni ha preso piede sull’internet.
Ma nonostante tutto ciò la sceneggiatura in generale è ferrea, la storia scorre (anche se si avvertono molti più minuti di quelli che veramente sono) e gli eventi sono abbastanza classici, andando a vedere il viaggio dell’eroe: tutto è presente ma se pensiamo che alla base c’è la bambola più classica di tutti i tempi, allora farle vivere la storia più classica di tutte risulta poi la scelta migliore.
Ora Barbie grazie a questa storia ha un’anima come mai l’ha avuta prima d’ora.
Un esperienza cinematografica unica
Ma parlando delle cose ottime del film, quest’ultimo è una vera esperienza comica: situazioni al limite del reale e una prima mezz’ora stilisticamente ispiratissima regalano allo spettatore una visione divertente e intrattenente, che non stanca la vista (nonostante la mia paura iniziale vista la quantità di colore presente) e che sottolinea quanto la regista sia dotata di un’ottima mano.
Le interpretazioni dei comprimari sono nel complesso soddisfacenti, in quanto come già detto risultano effettivamente simili a bambole: qui il casting chiaramente aiuta, grazie alla bellezza statuaria di Margot Robbie e alla invece esagerata poca espressività di Ryan Gosling, Barbie e Ken prendono davvero vita, facendo spesso gag sia fisiche che parlate che proprio grazie alla “dollness” (come chiamano nel film “l’essere bambola).
Plauso anche a Micheal Cera, protagonista per quanto mi riguarda dei momenti più genuini e divertenti di tutto il film.
Barbie è al cinema dal 20 luglio e grazie anche all’uscita con Oppenheimer il film sta facendo parlare un sacco di se, per i giusti motivi