Dopo The French Dispatch, l’ammiratissimo regista texano continua sulla scia di storie apparentemente senza narrativa e inconsistenti.
La bellezza di un film che ci lascia interdetti dopo i titoli di coda, risiede nella possibilità di trovare innumerevoli spiegazioni e interpretazioni.
Asteroid City fa proprio questo.
Per tutta la durata del film, attraverso i suoi assurdi personaggi, Wes Anderson gioca intorno a domande esistenziali e alla necessità di trovare un significato per ogni cosa.
Questa non è una novità nel suo cinema, eppure, stavolta si fa fatica a seguire i fili narrativi o a trovare le storie coinvolgenti e significative. Il primo strato del film ci lascia quindi con l’amaro in bocca, quasi confusi, alla ricerca di un messaggio che non sembra esserci e la confusione degli eventi.
L’unica comfort zone che ritroviamo è lo stile inconfondibile del regista, che negli anni si è meritato una riconoscibilità che difficilmente si raggiunge nel mondo del cinema.
Ma non basta una linea stilistica sublime a tenere lo spettatore piacevolmente coinvolto. Uscendo dalla sala, sembra come se ormai Wes Anderson non abbia nulla da dire e che “campi di rendita”, ormai celeberrimo per la sua simmetria e i suoi imitatissimi colori pastello. Eppure, fuori dal vortice di confusione a cui accennavo prima, possiamo provare (non senza poco impegno) a trovare dei messaggi nascosti tra i numerosi piani narrativi.
Ma partiamo con ordine.
ATTENZIONE SONO CONTENUTI SPOILER!
La trama
Come accennato, ci sono tre piani narrativi differenti in Asteroid City.
In primo luogo (in bianco e nero), c’è Bryan Cranston, un presentatore televisivo in stile anni ’50 che introduce il pubblico a una produzione teatrale, trasmessa in televisione, della pièce Asteroid City.
In secondo luogo (sempre in bianco e nero), c’è la storia di ciò che accade dietro le quinte durante la creazione dello spettacolo e la conseguente presentazione degli interpreti. Questo include anche lo stesso drammaturgo, Conrad Earp (interpretato da Edward Norton) e il regista, Schubert Green (Adrien Brody). L’attore protagonista, Jones Hall (Jason Schwartzman), si scopre da subito avere una relazione romantica con Conrad, il drammaturgo.
Infine, c’è la pièce teatrale in sé, che costituisce la maggior parte del film (a colori). Il protagonista è Augie Steenbeck ( sempre Schwartzman), un fotografo che sta portando suo figlio intellettuale Woodrow (Jake Ryan) alla Convention Junior Stargazer, insieme alle tre figlie più piccole. La convention di astronomia si tiene ad Asteroid City, una piccola città nel deserto, celebre per la caduta di un asteroide, il cui impatto ha lasciato un enorme cratere e un piccolo frammento spaziale.
La famiglia Steenbeck arriva in città nel momento in cui la loro auto subisce uno strano guasto, per cui Augie chiama suo suocero, Stanley (Tom Hanks), per venire a prendere le bambine. Grazie alla chiamata telefonica (in uno splendido momento di split screen) ci viene rivelato che la moglie di Augie è morta di recente e lui non ha ancora detto nulla ai suoi figli.
La trama principale gira intorno all’annuncio di questa perdita e a come i personaggi coinvolti affronteranno la situazione, confinati in questa strana città. Nel frattempo, la famiglia sarà circondata e si rapporterà con una vasto numero di personaggi eccentrici:
Midge Campbell (Scarlett Johansson), una famosa ma stanca attrice del mondo dello spettacolo, e sua figlia Dinah (Grace Edwards), che, come Woodrow, sarà onorata alla convention.
Augie e Midge, così come Woodrow e Dinah, gradualmente si innamorano nel corso della pièce.
C’è il Generale Grif Gibson (Jeffrey Wright), conduttore della convention, e il Dr Hickenlooper (Tilda Swinton), una stravagante scienziata che gestisce l’osservatorio di Asteroid City.
Un autobus pieno di bambini delle scuole elementari, accompagnati dalla giovane insegnante June Douglas (Maya Hawke), e una band di cowboy guidata dal cantante Montana (Ruper Friend).
Infine gli altri tre Junior Stargazers che verranno premiati, i loro genitori e tutti i vari addetti alle attività della città, come il manager del Motel (Steve Carrell) e il meccanico (Matt Dillon).
Durante la cerimonia, il Generale dà il benvenuto ai partecipanti presso il cratere di Asteroid City, dove i teenager riceveranno dei premi per le loro invenzioni. Improvvisamente, sopra al cratere appare un UFO, dal quale emerge un alieno che ruba il frammento del meteorite. Questo episodio avviene davanti allo sgomento generale della folla immobile di bambini e adulti, solo Augie, per deformazione professionale, fotografa l’alieno.
Il Generale Gibson, seguendo le istruzioni del presidente, mette la città sotto quarantena militare, e tutti sono sottoposti a esami medici e psichiatrici, costretti a rimanere confinati ad Asteroid City tutti insieme. Nel frattempo, nasce del tenero anche tra Montana e June, che insieme rassicurano gli studenti sul fatto che l’alieno è probabilmente pacifico.
I Junior Stargazer intanto utilizzano l’attrezzatura del Dr. Hickenlooper per cercare di contattare l’alieno e riescono a far arrivare la notizia dell’avvistamento (con annessa foto di Augie) al mondo esterno.
Proprio nel momento in cui il Generale Gibson stava per cessare la quarantena, l’alieno torna una seconda volta, restituendo il frammento di meteorite. Questo provoca un ulteriore momento di panico, il tentato ripristino della quarantena e la conseguente ribellione dei personaggi contro i militari.
Gli episodi coloratissimi di Asteroid City si intervallano con le scene in bianco e nero durante le prove a teatro o in vari momenti di creazione dell’opera. In una di queste, Jones, l’interprete di Augie, affronta il regista dello spettacolo Schubert Green, perchè sente di non capire il senso dello spettacolo e si chiede se lo stia “facendo bene”. Green dice a Hall di continuare a interpretare Augie come ha sempre fatto nonostante sia incerto e nonostante la mancanza di chiarezza e la confusione.
Dopo quell’interazione, durante una pausa per fumare, Hall incontra l’attrice che era stata scelta per interpretare la moglie di Augie (Margot Robbie) prima che la sua unica scena venisse tagliata. I due finiscono per ripercorrere la scena eliminata dello spettacolo e, forse involontariamente, a dare un senso alle emozioni confuse di Jones riguardo il suo personaggio.
Nel finale, ambientato sei mesi dopo l’inizio dello spettacolo, si scopre che Conrad Earp è morto in un incidente automobilistico. Nell’epilogo dello “spettacolo” invece, ad Asteroid City, Augie e la sua famiglia sono gli ultimi a lasciare il Motel dopo che il generale Gibson ha revocato la quarantena. Le figlie di Augie seppelliscono le ceneri della madre nel deserto, Woodrow vince il finanziamento della borsa di studio e Midge lascia ad Augie il suo indirizzo postale.
Considerazioni
I CONTRO:
Da dove iniziare…
Come prima cosa, lasciate da parte il Wes Anderson di Fantastic Mr. Fox o di Moonrise Kingdom. Come in The French Dispatch, non abbiamo più un filo conduttore che ci accompagna per tutta la durata del film, ma una carrellata di tante piccole storie frammentate. Non si sente più quel calore che ti permette di affezionarti veramente ai personaggi stravaganti della storia, quel genuino interesse per “come va a finire”.
Non fraintendetemi, le storie create da Wes Anderson sono sempre state corali quanto il cast delle sue produzioni. Il fatto è che non sembrano più in grado di emozionarci come prima. Se in un prodotto come Il treno per il Darjeeling (tanto per citarne uno) costellato di personaggi e ambientazioni, si riesce a rimanere incollati alla storia…allo stesso modo non avviene con Asteroid City.
Pensiamo agli intrecci di Grand Budapest Hotel, ad esempio: tutte le trame e sottotrame riescono a prenderci, nessun personaggio è lasciato indietro nonostante il ritmo serrato degli eventi. Quante volte, per esempio, le storie d’amore create da Wes Anderson ci hanno coinvolto e intenerito come diversamente altri prodotti riescono a fare? I suoi film sono sempre riusciti a dipingere l’amore, i rapporti, i sentimenti, in un modo totalmente diverso da come siamo abituati al cinema. Questo, oltre ai colori e alle composizioni, era il punto forte di Anderson.
In Asteroid City, questo elemento si sente un po’ vago, un po’ perso. Sì, è vero, anche qui troviamo amore, lutto, amicizia, ammirazione, rapporto genitori-figli. Tuttavia, nessuno di questi intrecci viene approfondito veramente, come succedeva in precedenza nelle storie di Wes. Tantissime occasioni per creare dei legami interessanti vengono sprecate e lanciate via nell’aria desertica di Asteroid City.
Per esempio, il rapporto mentore-pupillo fra la Dottoressa e Woodrow viene appena accennato con un cortissimo dialogo verso la fine del film e mai portato a compimento.
Oppure il conflittuale legame padre-figlio fra J. J. Kellogg e Clifford, che attraverso le sfide cerca di attirare l’attenzione del genitore e del mondo intorno a lui.
Anche Tom Hanks risulta sprecato. Il rapporto con Augie e i loro problemi familiari vengono solamente accennati, per nulla approfonditi e sfruttati.
E’ un po’ come se fosse tutto sbiadito. I personaggi hanno i tipici toni, i colori sono quelli, i movimenti di macchina sono inconfondibili…Eppure il coinvolgimento rimane freddo, lo spettatore è tenuto lontano. E’ un’opera meta-cinematografica che però a causa delle troppe stratificazioni non riesce a raggiungerci del tutto.
Forse perchè Brian Cranston dal principio chiarisce che, i personaggi che vediamo nel deserto, sono in realtà interpretati da attori e che ciò che vedremo sarà tutta finzione.
Da spettatori inoltre, sappiamo che gli attori teatrali citati a loro volta sono interpretati dalle star tutti noi conosciamo ossia il mitico cast corale del regista. E’ vero, ad ogni film il cast diventa sempre più esclusivo e spettacolare e di questo non possiamo che esserne eccitati. Ma in fondo ci basta davvero? Come succede anche in The French Dispatch, alcuni dei grandissimi interpreti sono poco sfruttati nella trama, diventano macchiette a malapena presenti in veloci e insignificanti cameo.
Tutto questo processo matrioska forse provoca solamente lontananza e poco coinvolgimento. Wes Anderson in questo film appare quasi stanco, come il suo protagonista.
I PRO:
Superata la fase di frustrazione, nostalgica per i vecchi capolavori del regista, possiamo comunque notare dei bellissimi momenti dove riaffiorano i toni tipici del cinema “WesAndersiano”.
Margot Robbie, ad esempio, fa parte di quella fetta di cast che non viene sfruttata quanto si vorrebbe. Eppure, la scena di confronto tra i due attori risulta quasi magica, super intensa, quasi risolutiva. Margot Robbie avrebbe dovuto interpretare la moglie di Augie in una scena onirica dove il protagonista aveva un confronto con lei e le scattava la fotografia che viene mostrata nel film.
Tuttavia la sua scena viene tagliata e durante la pausa di Jones, sulle scale antincendio, si ritrova a recitarla al collega sotto forma di monologo. Durante questa scena, il personaggio di Schwartzman sembra trovare finalmente pace, ma perchè?
Poco prima di incontrare Margot Robbie, Jones ha un confronto con il regista della piece. Il momento significativo arriva quando l’attore si interroga sul significato della trama e sul perchè si senta cosi coinvolto emotivamente dal suo personaggio. Ed è qui che troviamo un collegamento più profondo fra l’interprete teatrale e il personaggio di Augie.
Entrambi sono in lutto. Jones si sente collegato al cuore spezzato di Augie perchè, poco dopo, si viene a scoprire che l’autore dell’opera Conrad Earp è morto. Ricordiamo che questi due personaggi, in quel livello narrativo, sono amanti. Jones e Augie affrontano insieme un profondo lutto, un cuore spezzato. Sul finale, in entrambi gli epiloghi, i personaggi riescono ad andare avanti nonostante il dolore. Il primo arriva in tempo per la sua scena e il secondo può sfruttare una nuova occasione di felicità con Midge.
Un altro momento interessante del film infatti, è proprio il rapporto che nasce fra Midge e Augie. Nonostante gli altri personaggi risultino poco approfonditi, il maggior spazio che viene dato a questa coppia permette di raggiungere decisamente un bel coinvolgimento.
I dialoghi davanti alle reciproche finestre, distanti ma vicini, entrambi feriti e disillusi, svelano la tenerezza malcelata di entrambi, ricordandoci il caro vecchio modo di raccontare di Wes. Anche a livello visivo, le scene dedicate ai loro scambi (dal nudo di Scarlett Johansson alla scena della mano sulla griglia) sono perfette e rimangono impresse più di altre. Probabilmente ricordano la bislacca dolcezza tipica delle storie d’amore ne I Tenenbaum, Moonrise Kingdom, Gran Budapest Hotel o ne Il treno per il Darjeeling.
Possiamo dire che il punto di incontro dei piani narrativi avviene attraverso i due personaggi di Jason Schwartzman. Augie e’ il più approfondito, un padre in lutto che cerca di fare del suo meglio per non traumatizzare i figli ma che si ritrova a combattere con la tentazione di tenere tutti i problemi a debita distanza. Riflettendoci, anche il mestiere che svolge mette un “filtro protettivo” davanti ciò che lo circonda, facendolo sentire protetto. Attraverso la macchinetta fotografica, sempre al collo, Augie testimonia tutto ciò che gli succede ma a distanza, protetto e sicuro dietro il suo obiettivo.
Tuttavia, è grazie al personaggio di Jones che abbiamo, forse, la chiave di lettura finale del film.
“Non ci si può svegliare se non ci si addormenta mai”
Lui più di tutti raggiunge un punto di rottura, interrogandosi non solo sulla sua performance (nella scena citata in precedenza), ma su dubbi esistenziali. Il suo personaggio concretizza, in maniera meno “aliena” e più empaticamente umana, quesiti che ci poniamo tutti almeno una volta nella vita.
Le domande disseminate durante il film, come “Cosa esiste al di fuori di noi”, “Che significato ha la vita” o più in generale il significato delle cose, le ritroviamo racchiuse tutto in Jones.
I personaggi di Asteroid City vengono scossi da questa esperienza extraterrestre; Jones Hall magari non avrà incontrato un alieno, eppure lotta con molte delle stesse questioni di Augie. Anche lui cerca soluzioni ordinate che non riesce mai veramente a trovare, si pone domande a cui nessuno può rispondere. Nemmeno il drammaturgo sa spiegare perché Augie si brucia la mano sulla piastra durante la conversazione con Midge. Alla fine infatti, è lui a far partire il mantra per la classe di recitazione che funge proprio da dichiarazione di tesi della storia:
“Non ci si può svegliare se non ci si addormenta mai”.
Forse è proprio qui la vera chiave di quest’ultimo film apparentemente vuoto di Wes Anderson.
Ossia…è vuoto davvero.
CONCLUSIONI
Wes ci da la possibilità di “addormentarci”, di sognare e basta guardando il suo film. Di goderci la bellezza degli eventi rappresentati senza troppi interrogativi, senza ricerca di qualcosa in più che non sempre deve esserci. Non sempre tutto ha una risposta e il film ci insegna proprio questo, ad accettare la mancanza di risposte.
L’arte dopotutto va consumata in questo modo, “spegnendo” il cervello e godendo delle emozioni che proviamo entrando in contatto con l’opera, qualsiasi essa sia. Svegliandoci da questo torpore potremmo ritrovarci diversi da come eravamo prima, potremmo esserci posti quesiti differenti o aver trovato tutta una nostra interpretazione.
In conclusione, Asteroid City ci insegna che ognuno di noi può provare a stabilire un’ordine nella tua vita, a suo modo. Come I personaggi del film, tutti noi cerchiamo la strada per trovare un nostro ordine nel caos e nell’incertezza. Ma ti troverai sempre di fronte a domande a cui non puoi rispondere e verità che non puoi accettare completamente. Non troverai mai una soluzione facile al dolore o al trauma. Non sarai mai sicuro al 100% di essere dove dovresti essere. Ma non puoi svegliarti o provare una sorta di serenità se non ti addormenti, se non accetti ciò che non puoi controllare e fai pace con l’ignoto.
La chiave di lettura finale quindi, la ritroviamo nelle parole di Adrien Brody: “Vai avanti, stai andando benissimo”.
Voti:
- Regia: 8.5
- Recitazione: 7.5
- Fotografia: 10
- Sceneggiatura: 5.5
- Musiche: 7
- Voto: 7.5