Anatomia di una caduta, vincitore della Palma D’oro a Cannes e presentato in Italia in anteprima al Festival del Cinema di Roma, è l’ultimo strabiliante film della regista francese Justine Triet.
Partendo da un soggetto abbastanza semplice l’autrice dell’opera comincia un complicatissimo discorso sulla dissacrazione della coppia e la messa alla gogna della privacy del rapporto coniugale: pur di arrivare alla verità è necessario rivelare tutti i segreti tra marito e moglie?
Trama
Ma di che parla esattamente il film? Sandra, scrittrice, Samuel e il loro figlio di 11 anni, Daniel, ipovedente, vivono da un anno in una località remota in montagna. Un giorno Samuel viene trovato morto ai piedi della loro casa e Sandra diventa una sospettata.
Da questo incipit molto semplice la vicenda si sposta principalmente in tribunale, con qualche interruzione rappresentate da piccole scene casalinghe in cui Sandra conversa o con il suo avvocato (e vecchio amico) o con suo figlio, centrale nello svolgimento delle indagini.
Quando regia e lingua si fondono
Prima di tutto va citata la straordinaria regia con cui la francese decide di incorniciare una vicenda molto spinosa e che poteva tranquillamente sfociare nel film pesante da due ore e mezza, ma che alla fine risulta elegantissimo e molto ben diretto. Pregio generale è una scelta delle inquadrature e dello staging degli attori pensato e coerente.
Per parlare però di questa pellicola bisogna passare obbligatoriamente prima da un dettaglio fondamentale, la lingua e le performance attoriali, legate chiaramente da un filo indissolubile: l’opera va vista in lingua originale, un francese magnetico, protagonista di arringhe magnifiche che grazie ad una naturalezza nell’esecuzione, non risultano mai noiose o peggio ancora poco comprensibili.
La regista mette in conto che le parole usate da accusa e difesa sono fondamentali per capire lo svolgimento e quindi decide come ho già spiegato di virare per una regia dolce e leggera, ma mai insipida.
Una sceneggiatura “avventurosa”
Il merito molto più riconoscibile di Anatomia di una Caduta è però la sua scrittura maniacale e quasi definibile “avventurosa”, nonostante si svolga completamente all’interno delle sacre mura del tribunale. Difatti il processo di cui Sandra è protagonista si riserva spessissimo colpi di scena ben congegnati e collocati spesso in punti di secca della sceneggiatura, ovvero in quei momenti in cui ci sembra che la situazione si stia stabilizzando, nel bene e nel male.
Le arringhe tra accusa e difesa ci catapultano all’interno del mondo giuridico, ma questa volta escludendo una figura cruciale del processo, il giudice: la scelta della Triet è pensata in modo tale da rendere la vicenda il più neutra possibile, difatti la figura che alla fine deve decidere le sorti è un mero controllore, che interviene nei momenti in cui o difesa o accusa aumentano i toni o parlano di argomenti non necessari.
Lo spettatore giurista
La vera giuria siamo noi, che grazie a tutto il materiale che ci viene scaraventato addosso possiamo costruirci la vera immagine di Sandra. Inoltre il processo in sé non risulta una ricerca della colpevolezza dell’imputato, ma quanto alla disamina delle dinamiche di coppia per capire cosa effettivamente potesse aver spinto Samuel al suicidio, mai chiaramente confermato.
Così siamo partecipi della dissacrazione della vita coniugale, dei segreti di uno e dei segreti dell’altro: se per Samuel non risulta più purtroppo un problema, per Sandra è struggente, in quanto la sua vita è messa alla berlina e i suoi difetti, prima segreti, divengono pubblici.
Quindi noi ci chiediamo se ciò a cui stiamo assistendo sia corretto, distruggere così la vita di una persona con il rischio che anche se il verdetto sia favorevole ad essa, ormai la sua vita risulterebbe compromessa, e il rapporto con chi ama incrinato: il rapporto con Daniel è proprio questo, e la scena in cui la scrittrice sussurra al bambino: “Non sono un mostro” è il modo in cui l’autrice ce lo comunica.
Una figura fondamentale
Ultimo dettaglio degno di nota è appunto la figura di Daniel, bambino taciturno e chiuso in se stesso per colpa della sua cecità, ma in realtà anima intelligente ed emotiva che risulterà più volte deus ex machina necessario alla vicenda. Inoltre l’interpretazione di Milo Machado-Graner arricchisce il già meraviglioso personaggio, trasformando il tutto nella stella del film.
Anatomia di una Caduta vince e convince, dimostrando di essere uno dei migliori lavori dell’anno per distacco: andate al cinema ora che potete, è un film da non perdere.