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Recensione Anime & Manga

Ping Pong The Animation: amare lo sport per amare se stessi

Tobia Cazzolla • 20 Settembre 2023

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Guardare Ping Pong The Animation non significa guardare un semplice anime, bensì significa iniziare ad immergersi nella vita sotto una luce completamente nuova e sconvolgente.

Un tavolo da ping pong per volare ben oltre il ping pong

L’anime Ping Pong The Animation, pubblicato ormai nel 2014 per un totale di 11 episodi, figlio della mente geniale del mangaka Taiyō Matsumoto e delle strabilianti abilità interpretative dell’iconico regista Masaaki Yuasa, presenta fin dal primo momento una trama a dir poco insolita per un anime sportivo, si tratta difatti di un prodotto che minuto dopo minuto, episodio dopo episodio, si allontanerà sempre più dalle classiche tematiche e valori degli spokon più classici, andando a porre sotto la luce dei riflettori non più solo l’evoluzione sportiva dei vari personaggi, ma in particolar modo la loro maturazione umana, la loro mentalità, ed infine la loro filosofia di vita, una filosofia che ben presto catturerà lo spettatore, senza la minima intenzione di lasciarlo andare privo di un insegnamento essenziale.

Uno stile folle, una sperimentazione anti accademica

Ciò che colpisce fin da subito l’occhio dello spettatore è senza alcun ombra di dubbio la tecnica che caratterizza la serie: un tratto a prima vista svogliato, una tecnica all’apparenza grezza, in fin dei conti uno stile sbagliato, frutto di una penna inesperta, incapace di realizzare disegni fini, dettagliati e precisi; ebbene tutto ciò, rispecchia in poche parole la descrizione più istintiva e più lontana dalla realtà che possa essere portata alla luce.

Il primo passo per apprezzare Ping Pong The Animation in tutta la sua interezza è proprio quello di aprire la mente, liberarsi dai preconcetti, ed esimersi dal giudicare le scelte di un pilastro dell’animazione giapponese come erronee, oppure come incapaci di entrare a far parte dei nostri gusti, serrati e pronti a scagliarsi contro qualsiasi innovazione o novità.

Lo stile unico scelto da Yuasa è difatti il risultato di svariate considerazioni, prima fra tutte la volontà di ricalcare minuziosamente la tecnica di Matsumoto, ed è proprio grazie a questo immenso rispetto e riguardo, provati dal regista che è possibile trovare nell’anime delle vere e proprie tavole animate; dove grazie alla possibilità di trovarsi di fronte una moltitudine di differenti prospettive nel medesimo istante, la resa delle partite ne esce letteralmente magistrale.

Lo spettatore si troverà dunque appiccicato allo schermo, intento a seguire ogni istante di scontri oltremodo immersivi, frenetici, ma allo stesso tempo chiarissimi e ovviamente verosimili; dove inoltre lo studio del reale ping pong e dunque la conseguente accuratezza ne fa da padrone, attraverso impugnature, strategie, strumenti e molto altro, perfettamente verosimili e saldamente allacciati alla realtà dei tempi moderni; ed è proprio in questo dettaglio che troviamo però lo zampino e l’impiccio artistico del regista, il quale armato della consapevolezza di dover rendere attuale una storia datata 1996, si prese la libertà di modificare alcuni tratti della storia, pur di avvicinare più giovani possibili ad un prodotto che poteva essere facilmente abbandonato poiché ormai non più attuale.


Due protagonisti, due facce della stessa medaglia

Se lo stile grafico di Ping Pong The Animation ne rispecchia in modo assoluto la sua unicità, si può forse dire che invece la sua grandezza e la sua eternità venga rispecchiata dai personaggi, dalla loro incredibile umanità e dalle stupefacenti lezioni che quest’ultimi propongono al pubblico, a partire dai protagonisti di questo viaggio sconvolgente: Peco e Smile.

Peco e Smile si presentato come due ragazzi normali, due teenagers appassionati ed affascinati dal medesimo sport che però vivono la loro infatuazione in maniera diametralmente opposta; poiché se Smile partecipa in maniera devota agli allenamenti Peco invece è solito saltarli con l’intento di bighellonare, se Smile si mostra freddo come un robot Peco invece si fa prendere dall’entusiasmo, se Smile rimane sempre composto Peco invece schernisce i suoi avversari.

Ciò che appare ovvio fin da subito è per certo la complementarietà dei due protagonisti, i quali si manifestano proprio come due facce della medesima medaglia, ma quello che invece non risalta in maniera tanto scontata è di certo l’importanza che l’uno ricopre per l’altro, quindi il fatto che se il primo viene preso in giro il secondo lo difende, se uno cade l’altro lo aiuta a rialzarsi, ed infine se uno vaga smarrito all’interno di una tempesta, privo dei valori che lo tenevano fino a poco prima ancorato alla propria routine e ai propri valori, l’altro sarà sempre pronto a tendergli una mano, ad insegnarli a volare di nuovo.

Il concetto, già affascinante ma allo stesso tempo criptico di per sé, è inoltre avvalorato e chiarito da piccoli ma evidenti simboli, i quali rincorrono ed accompagnano i due in varie occasioni; sulla divisa di Peco troveremo sempre disegnata una stella, così come su quella di Smile una luna, questo perché le stelle circondano la luna e illuminano qualsiasi cosa si pari sotto di loro, mentre la luna non sarebbe in grado di illuminare in assenza di stelle a circoscriverla, questo perché Smile, in assenza del suo eroe, non potrebbe sognare, non potrebbe volare libero dalle catene che lui stesso si impone, non potrebbe vivere la vita così come fa Peco.

Non dimentichiamoci poi del doppio volto della luna, del suo lato chiaro e rassicurante e del suo lato oscuro e misterioso, il tutto perfettamente in linea col personaggio di Smile, il quale nasconde dietro un superficiale disinteresse, un’apatia nei confronti della vita, un immenso disagio rivolto verso sé stesso, una esorbitante paura di non appartenere a questo mondo, a questo sistema, ed una disperata convinzione di non poter cambiare la sua condizione.

Dragon: quanto costa una vittoria e quanto vale una sconfitta?

Come ogni anime che si rispetti, anche Ping Pong The Animation dispone di un villain degno di nota, personaggio che però in questo caso non sarà solo sconfitto in seguito ad estenuanti allenamenti ed attraverso uno scontro all’ultimo sangue, senza esclusione di colpi, bensì sarà accolto e soprattutto aiutato dai nostri protagonisti, in particolar modo da Peco, il quale sarà in grado di insegnare a volare anche a chi le ali non le ha mai avute, o forse più banalmente a chi nessuno ha mai insegnato ad usarle.
Dragon, rappresentato nell’anime da un particolare esemplare di dragone asiatico non in grado di volare poiché privo di ali, incarna lo sportivo esemplare dal punto di vista della disciplina, della costanza, della grinta e della perseveranza, ma allo stesso tempo pecca abissalmente dal punto di vista umano.


Dragon non è in grado di coltivare relazioni, di godersi il tempo coi suoi cari, in fin dei conti non è in grado di amare lo sport per cui ha dato tanto, anzi tutto, e dunque non è in grado di amare se stesso e di amare la vita; in definitiva, il capitano del liceo Kaio, liceo prestigioso e vincitore di dozzine di premi sportivi, è alla fine dei giochi intrappolato in quella che si può definire una vera e propria ossessione, una dipendenza frutto solo e soltanto della volontà di spiccare, di emergere, risultato del sentimento di rivalsa che lo dovrebbe allontanare da un’infanzia a dir poco traumatica, ma che invece lo ancora e lo costringe a rivivere giorno dopo giorno, partita dopo partita, gli incubi di un passato tremendo e burrascoso.


È proprio per questa serie di motivi che Dragon decide di sacrificare se stesso per la vittoria, scalando una montagna a mani nude e infliggendosi un dolore straziante che non gli permette di godere neanche un secondo delle sue vittorie e riconoscimenti, o almeno finché non interviene l’eroe, almeno finché non interviene Peco.

Durante uno degli ultimi scontri della serie, saranno proprio i due a darsi battaglia in una delle partite più travolgenti dell’intero panorama anime e manga, match dove a farla da padrone non saranno semplicemente le tecniche e le strategie dei due ineffabili giocatori, bensì sarà soprattutto la volontà di entrambi di colpire dove l’avversario è più carente, e se Dragon infligge colpi micidiali lì dove il ginocchio di Peco non può arrivare, quest’ultimo fa leva solo ed unicamente sulle sue motivazioni, portando al vero e proprio crollo di un gigante, al collasso di un’instancabile macchina da vittorie, rendendolo consapevole che non può batterlo, non può battere colui che anziché tentare di scalare la montagna, ha deciso di sorvolarla grazie alle sue ali, non può battere colui che anziché spingerlo giù a forza, ha deciso di tendergli una mano ed accompagnarlo verso la cima, rendendolo scarno dai suoi marci valori.

Il più grande dei taboo, talento Vs allenamento

Nonostante l’obbiettivo principale di Ping Pong The Animation sia unico e cristallino, è possibile notare come l’autore abbia deciso di deliziare gli spettatori anche con altri piccoli insegnamenti sparsi qua e là nella serie, il tutto grazie ai pochi, seppur assai complessi e ben realizzati, personaggi secondari. Uno di quelli più accattivanti, grazie alla sua irriverenza ed arroganza, è senza alcun ombra di dubbio Akuma, il quale sarà in grado di delucidare una volta per tutte uno dei più grandi taboo a livello sportivo di tutti i tempi: la differenza e l’importanza del talento e dell’allenamento.

Akuma ha sempre dato tutto se stesso, si è allenato fino allo stremo delle forze, ha studiato lo sport sotto tutti i punti di vista e ne ha sviscerato i suoi coni di luce e d’ombra; infine Akuma ha sempre sperimentato, ha sempre tentato nuove vie pur di arrivare allo stile perfetto, alla tecnica impeccabile, ha fatto di tutto pur di diventare tutt’uno col ping pong, perfezionando il gioco che meglio si adatta a lui e cercando di oltrepassare e soverchiare i suoi stessi limiti, arrivando dunque alla forma migliore da lui sperabile, giungendo ad incarnare il meglio delle sue possibilità, ma rimanendo distante anni e anni luce dalla perfezione, senza la minima possibilità di salire sul tetto del mondo ed essere riconosciuto come il migliore.

La lezione riportata da Akuma è dunque in parte una delle più amare e raccapriccianti dell’intera serie, ma allo stesso tempo rappresenta una dura verità che in pochi hanno il coraggio di ammettere ed esprimere; ovvero il concetto che attraverso l’allenamento si possa raggiungere la propria miglior condizione, ma solo quando talento ed allenamento si fondono in un perfetto equilibrio, si può raggiungere il meglio assoluto.

Il lato oscuro dello sport

Nonostante finora il genio di Taiyō Matsumoto abbia utilizzato il ping pong come mero espediente, come tramite neutro ed imparziale utile a dispensare le sue perle di saggezza, è in verità corretto precisare che neanche il concetto di sport in sé per sé è stato esente dallo spirito critico dell’autore; difatti, sarà grazie al personaggio di Wenge e non solo, che verranno analizzati nel dettagli i lati oscuri di quest’ultimo.

Wenge, nella serie spesso soprannominato China per via delle sue origini, viene inizialmente presentato come personaggio burbero e saccente, per niente volenteroso di imparare dal prossimo e a suo malgrado costretto, in seguito a svariate circostanze, a recarsi nel suolo giapponese ed innalzare il livello di una squadra liceale, grazie alla sua esperienza e maestria. Nella quasi totalità delle sue apparizioni China verrà sempre accompagnato da un aereo, il velivolo che rappresenta la volontà di rincasare il prima possibile e riabbracciare la patria del ping pong che l’ha ripudiato dopo una banale sconfitta. La storia di China, che può apparire come un banale mezzo per criticare l’eccesso di autostima di certi giocatori talentuosi, nasconde in realtà molto di più, nasconde una vera e propria denuncia sociale rivolta alla cultura dello sport in Cina.

La backstory di Wenge ci narra difatti come quest’ultimo sia stato allontanato dalla propria famiglia all’età di soli otto anni, si sia mantenuto autonomamente nonostante la tenera età e si sia fatto le spalle larghe attraverso miriadi di premi e attenzioni, sempre più costanti e spasmodiche nei suoi confronti; ma tutto ciò lo portò inconsapevolmente ed inevitabilmente ad affrontare una grande minaccia: la solitudine.

Il giovane talento figlio della patria del ping pong si riconobbe difatti privo di vere amicizie, senza alcun interesse od hobby al di fuori dello sport, e dunque si ritrovò in un baleno ormai cresciuto, ma senza aver vissuto la propria infanzia ed adolescenza. Come se non bastasse China fu escluso forzatamente da questo mondo freddo e distaccato contro la sua volontà, una volta che fu superato da altre giovani promesse del paese asiatico. Fu così che Wenge si ritrovò infine con un pugno di mosche, disorientato e lasciato solo, lontano da casa e privato della sua stessa vita, ma armato, in seguito alla sua maturazione, di umiltà, e del piacere delle piccole cose; come ad esempio passare del tempo con la propria madre, figura che, per anni e anni, poté vedere solo in una piccola foto nei margini della propria stanza.


Ad ogni modo, le critiche al mondo dello sport non finiscono qui, anzi, spaziano addirittura fino a raggiungerne l’aspetto economico, denunciando le istituzioni che fanno dello sport un mero business, ed usano le icone ed i volti più influenti di quest’ultimo per raggirare fan e lucrare su quest’ultimi.

È il caso ancora una volta del Kaio, e della trovata pubblicitaria di promuovere scarpe adatte al nuovo terreno in vinile nonostante le differenze sostanzialmente ininfluenti rispetto al precedente campo; si tratta di una problematica tremendamente attuale, di un aspetto del mondo sportivo professionistico da estirpare al più presto per evitare un’incontrollabile caduta dei sani valori dello sport, messi a rischio da capitalismo e materialismo.


Per chi giochi a ping pong? La filosofia di Ping Pong The Animation

Se c’è un qualcosa che ci accompagna per la durata dell’intera visione di Ping Pong The Animation, quel qualcosa è una semplice ma lacerante domanda: “per chi giochi a ping pong?”

Si tratta di una questione che è stata proposta a qualunque personaggio della serie; dai più talentuosi ai meglio allenati, dalle vecchie guardie alle nuove promesse, da chi ama il ping pong dal profondo del cuore a chi lo teme ma lo necessita come una vera e propria droga; ebbene ogni personaggio si è fatto protagonista di una reazione assolutamente unica rispetto alle precedenti, una reazione che meglio di ogni battuta, gesto o abitudine, è riuscita a caratterizzare al meglio tale persona, una risposta che rispecchia a tutto tondo l’umanità, le fragilità e le convinzioni di ogni singolo nome presentato durante la storia.

Alcuni hanno scelto di pronunciare una scomoda verità, altri di mentire, altri ancora di crogiolarsi in silenzio riflettendo e rimuginando sulle scelte passate, ed è proprio a causa di questa serie di motivi che chiunque abbia visto Ping Pong The Animation si sia istintivamente domandato internamente la medesima questione, rimpiazzando lo sport in questione con la propria passione, hobby o passatempo, riempendosi dunque la mente di perché, e arrivando infine alle più disparate conclusioni.

Come ci insegna l’eroe di questo incredibile viaggio, il mitico Peco, la risposta a questa apparentemente scontata ma in verità a dir poco pungente domanda è una e una soltanto: per divertirsi.

Peco ha sempre giocato a ping pong per il mero gusto di farlo, godendosi il momento nella sua semplicità, ebbro delle soddisfazioni e della più pura delle felicità che questo mondo potesse regalargli, Peco è stato l’unico a comprendere la gioia del fallimento, Peco è stato l’unico a meditare sul fatto che vincere non è tutto, o forse non conta davvero nulla, Peco è stato infine l’unico in grado di volare, volare libero da costrizioni, limiti e obbiettivi, libero dalla spasmodica ricerca del successo e dalla volontà di primeggiare sui propri avversari, ed è per questo che Peco è diventato un eroe.

Perché guardare Ping Pong The Animation?

In conclusione, guardare Ping Pong The Animation non è utile per riscoprire se stessi e il mondo, è necessario.
Attraverso quest’anime si compie un’esperienza letteralmente unica, si esce dal proprio corpo e dalla propria anime per scrutare e razionalizzare la propria esistenza dall’esterno; Ping Pong The Animation è in grado di dare gli stimoli corretti per mettersi davvero in discussione e auto valutarsi, per poi, se necessario, proprio come la quasi comparsa Egami, cambiare vita. Cambiare vita per riscoprire se stessi, conoscere chi per davvero è stato dentro il nostro corpo, il nostro involucro di carne ed ossa fino a questo momento, conoscerlo per davvero per farlo uscire finalmente allo scoperto, e in seguito, per ironia della sorte, magari tornare addirittura da dove siamo venuti, per ricominciare sotto una luce nuova, per adottare una prospettiva ignota, ed infine, per amare noi stessi, per amare la vita.

L’anime potete tranquillamente recuperarlo su Crunchyroll

Trama: 8
Lato tecnico: 9
Personaggi: 9.5
Tematiche: 9.5

Voto: 9

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