Chi non ha mai visto un kimono? Tra serie TV e film ambientati in epoche passate e prodotti animati di vario genere che riprendono antichi usi e costumi del tempo, il kimono è ormai diventato a noi occidentali un simbolo iconico della cultura giapponese.
Sebbene non sia più un abito di uso quotidiano, il kimono continua a essere indossato in occasione di numerosi eventi e festival, dove la sua bellezza e il valore legato alla preservazione della tradizione vengono ancora oggi celebrati. In questo articolo offriremo una panoramica generale della sua storia evolutiva, per poi passare a una descrizione sommaria delle parti che lo compongono e dei suoi vari usi nei contesti formali e informali. Considerando la complessità dell'argomento e il rischio di incorrere in imprecisioni storiche, ho scelto di concentrarmi solo sugli abiti più rappresentativi, che sono stati spesso nominati e analizzati. Inoltre, non verranno trattate le tecniche di tintura e fabbricazione, poiché avrebbero reso il testo più lungo e complesso, inserendo concetti che richiederebbero una spiegazione fin troppo approfondita.
Indice:
- L'evoluzione storica del Kimono
- Struttura e aspetto visivo del Kimono
- Le tipologie di Kimono e i loro usi specifici
- Conclusioni
L'evoluzione storica del Kimono
Il tradizionale abbigliamento giapponese ha subito una significativa evoluzione nel corso della storia, a partire dal periodo Yayoi (300 a.C. - 250 d.C.). Secondo il Weizhi Worenchuan (un fascicolo facente parte delle cronache dei tre Regni, scritto nel terzo secolo d.C) gli abitanti del Giappone indossavano vestiti semplici e pratici, come il kanpui per gli uomini e il kantoui per le donne, entrambi privi di maniche. Col passare del tempo, furono aggiunte le maniche per garantire maggiore protezione dal freddo e venne introdotta un'apertura frontale. Per migliorare ulteriormente il capo, fu creato l’okumi, un pannello che permetteva la sovrapposizione dei due lati del vestito, e infine, fu inserito il collare (eri) per proteggere il collo. Questi cambiamenti posero le basi per il kimono che tutti noi conosciamo oggi.
Nel periodo Kofun (250-538 d.C.), l'abbigliamento giapponese divenne più complesso, influenzato da culture vicine come Cina e Corea. Le statue in terracotta (haniwa) di questo periodo mostrano abiti divisi in due pezzi, simili a pantaloni e gonne, segnando una chiara evoluzione rispetto ai capi del periodo Yayoi. Con l'inizio del periodo Asuka (538-710) e il periodo Nara (710-794) l'influenza cinese aumentò ulteriormente, e venne introdotto il sistema di abbigliamento formale della corte Tang, che comprendeva tuniche più lunghe e maniche più larghe. Precisamente l'abbigliamento femminile era caratterizzato da una lunga gonna, le cui piege erano attaccate all'orlo della veste, mentre gli uomini indossavano un capo monocolore e dei pantaloni a pieghe, detti hakama, che garantivano maggior libertà di movimento.
Durante il periodo Heian (794-1185), il Giappone smise di essere completamente assuefatto dalle usanze cinesi della dinastia Tang, cercando di sviluppare una propria identità sia negli aspetti politici che in quelli culturali ed estetici. Il sopravvento del buddhismo fu uno dei fattori più importanti che favorì lo sviluppo di una cultura nazionale, perché non solo incorporò varie credenze autoctone, come lo shintoismo, favorendo il sincretismo religioso, ma contribuì allo sviluppo di un’estetica più legata alla natura e alla spiritualità. Di conseguenza anche l’abbigliamento trovò spazio per potersi esplicarsi maggiormente, attraverso stili che riflettevano questa evoluzione culturale.
I nobili incominciarono a indossare abiti più complessi e sontuosi, caratterizzati da maniche molto più ampie, da un numero maggiore di strati e da una lunghezza tale da far trascinare la parte inferiore della veste per terra. Precisamente le donne indossavano il junihitoe, un abito composto da vari strati di vesti sovrapposti, tipicamente 12, scelti con cura per adattarsi alle stagioni e alle preferenze personali. Più erano gli strati, più il rango aumentava. Gli uomini, invece, indossavano il sokutai, composto da vari strati in seta, con colori sobri e decorazioni meno vistose. Questo abito, al contrario del junihitoe, presentava evidenti rimandi al vestiario cinese, come nel kanmuri, un copricapo rigido con una fascia decorativa che scende lungo la schiena.
Al contrario, i cittadini comuni portavano indumenti più semplici e funzionali, come il kosode, un capo dalle maniche corte, molto più pratico per la vita quotidiana.
Junihitoe
Sokutai
Durante il periodo Kamakura (1185-1333), i samurai salirono al potere, influenzando anche le mode del tempo. Essi privilegiavano la praticità rispetto all'eleganza e scelsero il kosode, una veste semplice, da indossare sotto l'armatura. In occasioni formali, gli uomini indossavano l'hitatare, un abito con ampie maniche e bordi allacciati, adatto per cerimonie e incontri ufficiali. Per quanto riguarda le donne della nuova classe dirigente, esse incominciarono ad abbandonare il junihitoe, mettendosi l'hakama sopra al kosode, e coprendosi con un unico abito chiamato uchigi. Per le occasioni più formali, si usò anche mettere un secondo kosode molto decorato e senza cintura chiamato uchikage. Le donne di alto rango invece continuarono a indossare il tradizionale jūnihitoe, ma con meno strati rispetto al passato, rendendolo più leggero e sopportabile. Tuttavia anche loro, specie durante le estati torride, finirono per indossare solo il kosode, per garantirsi maggiore comfort e freschezza.
Questo stile di abbigliamento si mantenne presente anche nel periodo Muromachi (1334-1573), un'epoca caratterizzata da intense lotte civili. Con l'aumento del potere dei samurai, il kosode e l'hitatare subirono influenze che li portarono a essere realizzati in colori più vivaci e con motivi più elaborati. Le donne iniziarono a eliminare l'hakama, e il kosode passò da indumento intimo a un vero e proprio vestito da esibire in pubblico. Per fare questo, però, fu necessario trovare una soluzione per mantenere chiuso il vestito, ormai privo dei lacci dell'hakama. La soluzione fu trovata nell'uso dell'obi, una cintura molto stretta, simile a un nastro.
Tradizionale abbigliamento femminile del periodo Kamakura
A sinistra si nota l'uchikake, mentre a destra c'è una donna che pratica il katsugu
(l'atto di coprirsi la testa con un altro kosode)
Durante il periodo Azuchi-Momoyama (1573-1603), l'ascesa della classe mercantile e l'apertura del Giappone a contatti commerciali esteri, soprattutto con l'Europa e la Cina, portò a una maggiore attenzione all'acquisizione di beni e tecniche artistiche straniere. Questo influenzò anche il settore tessile e l'abbigliamento, che ebbe il suo sviluppo maggiore nel Periodo Edo. Inoltre l'obi incominciò ad evolversi, passando da semplice cintura monocolore a un elemento di un certo rilievo, decorato in modo altrettanto raffinato come gli altri capi d'abbigliamento.
Nel periodo Edo (1603-1868), il governo Tokugawa introdusse un rigido sistema gerarchico per prevenire conflitti, dividendo la popolazione in classi, dai ranghi più elevati fino agli emarginati. Anche l'abbigliamento fu regolamentato per riflettere questa struttura sociale: seta e colori vivaci erano riservati ai nobili e ai samurai, mentre le classi inferiori dovevano accontentarsi di cotone, canapa e tonalità scure. Esteticamente, i samurai adottarono il kamishimo, un completo composto da un kataginu (giacca senza maniche), un kosode e un hakama, che aumentava di lunghezza in base alla formalità dell'evento. In generale, per quanto riguarda il vestiario femminile, ci fu un comune allungamento delle maniche e un allargamento dell'obi. Le donne nubili indossavano il furisode, caratterizzato da maniche lunghe, mentre le donne sposate portavano il tomesode, con maniche più corte, che permettevano maggiore libertà di movimento nelle attività quotidiane familiari.
Donne del periodo Edo durante la cerimonia del tè
Samurai che scortano il padrone (senza kataginu visto che non è un evento formale)
Con il passare degli anni, in netto contrasto con il rigido sistema gerarchico dell'epoca, gli abitanti delle città di Edo e Ōsaka svilupparono l'estetica iki. Questa nuova sensibilità esaltava l'eleganza e il buon gusto attraverso la semplicità, favorendo tonalità sobrie e uno stile raffinato ma mai ostentato. Nel tempo, si fuse con la ricerca dei piaceri effimeri tipica dell’ukiyo, il "mondo fluttuante" che abbracciava i quartieri di piacere, il teatro kabuki e le stampe ukiyo-e. Questa sintesi influenzò profondamente la cultura dei chōnin, i cittadini delle grandi metropoli del XVIII secolo, che dettarono nuovi canoni estetici e sociali nella società urbana. Questo cambiamento culturale fu favorito dal declino della classe guerriera dei bushi, impoverita dalle leggi che obbligavano i daimyō a vivere a Edo, con spese elevate, e dal conseguente emergere della classe mercantile. Ciò permise la diffusione della moda di massa e portò alla nascita di negozi come Echigoya, rendendo gli abiti eleganti accessibili anche ai cittadini comuni, grazie anche alla politica del prezzo fisso. Tutto questo comportò un significativo miglioramento delle tecniche di produzione tessile e lo sviluppo di nuovi tipi di tinture (come quella yuzen).
Durante il periodo Meiji (1868-1912), Il sistema delle quattro classi sociali fu abolito, e il Giappone subì una profonda trasformazione culturale, fortemente influenzata dalle culture straniere. Il governo giapponese promosse attivamente l’adozione di abbigliamento e stili di vita occidentali, stabilendo norme specifiche per i funzionari governativi e il personale militare, che erano obbligati per legge a indossare abiti occidentali durante le funzioni ufficiali. Tuttavia, i cittadini comuni godettero di maggiore libertà nella scelta del loro abbigliamento. Nelle aree rurali, la modernizzazione procedette più lentamente; molti continuarono a indossare il tradizionale kimono, spesso realizzato in materiali sintetici grazie alle nuove tecnologie. Nei contesti formali, il kimono mantenne un ruolo importante: il montsuki, un kimono nero adornato con lo stemma di famiglia, divenne un abbigliamento comune per gli uomini, mentre le donne continuarono ad indossare il furisode.
In generale tutta la corte adottò l'abbigliamento occidentale
Nel periodo Taisho (1912-1926), nacque lo stile moga, che rappresentava un nuovo ideale di libertà per le donne giapponesi, vestite completamente in abiti occidentali. Il kimono in risposta cercò di adattarsi sfidando i limiti convenzionali, utilizzando uno stile ibrido che poteva prevedere per esempio l’uso del vestiario tradizionale con scarpe occidentali o decorazioni ispirate ai motivi decorativi dell’arte europea. Inoltre, l’industria tessile divenne più efficiente, permettendo una maggior produzione in massa di kimono, a costi contenuti.
Kimono con design stravaganti, quasi impressionistici e uso di scarpe occidentali.
L'hakama fu utilizzato sopratutto dalle studentesse, perchè consentiva la libertà dei movimenti, specie durante le attività ricreative.
Durante il periodo Taisho (1912-1926), emerse lo stile moga, simbolo di un nuovo ideale di libertà per le donne giapponesi, che iniziarono a indossare abiti completamente occidentali. In risposta a questa evoluzione, il kimono cercò di adattarsi e superare le convenzioni tradizionali, dando vita a uno stile ibrido. Questo approccio prevedeva, ad esempio, l'abbinamento di vestiario tradizionale con scarpe occidentali e decorazioni ispirate ai motivi dell'arte europea. Inoltre, il progresso nell'industria tessile portò alla creazione del Meisen, un tipo di tessuto realizzato con seta di qualità inferiore e caratterizzato da una tecnica di stampa e tessitura a stencil, che facilitò la produzione di kimono in larga scala e a costi contenuti.
Nella seconda metà degli anni '20, il governo giapponese ridusse la produzione di seta per sostenere l'esercito, il che portò a una semplificazione dei motivi decorativi e a un risparmio sulle materie prime utilizzate per i kimono. Dopo la Seconda guerra mondiale, sebbene la produzione di kimono riprendesse a crescere, gli abiti occidentali avevano ormai superato i kimono in popolarità. Durante il periodo Shōwa (1926-1989), i kimono mostrarono decorazioni sempre meno elaborate, con colori più tenui e un uso di tessuti economici. Con la graduale ripresa economica del Giappone post-bellico, i kimono, anche se meno usati, divennero ancora più accessibili, mantenendo comunque un legame con la tradizione culturale.
Al giorno d’oggi il kimono non è più obbligatorio nella maggior parte dei contesti formali, ma vengono comunque usati da molti per mantenere viva la tradizione culturale e per incoraggiare l’afflusso del turismo.
Struttura e aspetto visivo del Kimono
Il kimono Inizialmente non è altro che un singolo bullone di tessuto chiamato Tanmono, che viene raffinato e fatto srotolare a formare una striscia di circa 12 metri, per poter essere poi idealmente diviso in otto pezzi. Queste parti vengono poi cucite a mano e piegate per avere come prodotto finale la forma del vero e proprio kimono. La lunghezza ideale deve arrivare fino alle caviglie, mentre le maniche devono terminare precisamente alla fine dei polsi.
Il kimono, nella sua forma definitiva, è un indumento tradizionale a forma di "T", caratterizzato da una perfetta simmetria, con una linea centrale che lo divide in due metà speculari sia sul lato anteriore che su quello posteriore. Ogni parte del kimono ha un proprio nome specifico, e anche se ricordarli tutti può sembrare complesso, è utile conoscere le sezioni più rappresentative.
- Sode è il termine che indica l'intera manica, mentre l'apertura della manica, più stretta rispetto all'altezza totale della sode, viene chiamata Sode-guchi.
- Il colletto è noto come eri, mentre la parte superiore del colletto, quella visibile quando il kimono è indossato, è detta tomoeri. Dall'interno, questa stessa sezione è chiamata uraeri.
- La parte anteriore principale del kimono è il mae-migoro, un ampio rettangolo che copre buona parte del corpo. Una sua estensione, chiamata okumi, permette di avvolgere il kimono intorno al corpo, evitando che rimanga aperto come farebbe un normale cappotto. Nella parte posteriore, la sezione corrispondente al mae-migoro si chiama invece ushiro-migoro, che è molto enfatizzata in quanto decorazioni.
- Infine, le fodere interne superiori e inferiori sono rispettivamente note come doura e susomawashi. Quest'ultima, nei kimono femminili, è spesso decorata in modo più elaborato, poiché tende a essere visibile durante il movimento.
kimono per donna
kimono per uomo
Il kimono da uomo ha delle forme molto simili rispetto a quello da donna, ma ha delle significative differenze, specie dal lato della decorazione. L'eri è più stretto e semplice, e non fa uso di lacci decorativi. Le maniche sono meno ampie e l’apertura è meno prominente, per far sì che il kimono sia più pratico e funzionale. Sia il mae-migoro che l’ushiro-migoro sono meno decorati rispetto a quello femminile, e le fodere interne (il doura e il susomawashi) sono meno elaborati, perché si vedono raramente.
Un altro aspetto importante da evidenziare è l'assenza dell'ohashori, la piega tipica del kimono femminile, che si forma grazie all'apertura sotto le maniche, conosciuta come miyatsukuchi. Questa caratteristica è fondamentale, poiché il kimono femminile ha una lunghezza standard che supera l'altezza della persona. Di conseguenza, il kimono viene avvolto attorno al corpo e il tessuto in eccesso è ripiegato verso l'alto, creando una piega orizzontale, appunto l'ohashori, sopra l'obi. Questa piega, visibile e spesso ben decorata, è un elemento estetico distintivo del kimono.
In epoche passate, gli strati del kimono cadevano liberamente fino a terra, senza alcun ripiegamento, come nel caso del sontuoso junihitoe descritto nel paragrafo precedente. Tuttavia, con l'ascesa della classe dei samurai e il consolidamento delle classi medie, si iniziò naturalmente a preferire una versione del kimono più adatta alla vita quotidiana. Negli uomini, questa praticità è sempre stata presente: il kimono è infatti già progettato per adattarsi alla statura maschile, eliminando così la necessità dell'ohashori e, di conseguenza, l'apertura miyatsukuchi.
Quando indossati, il kimono da donna e quello da uomo sono in apparenza molto differenti. Essenzialmente il kimono da donna ha dei colori molto sgargianti, e dei motivi decorativi floreali o geometrici molto elaborati. Le decorazioni si abbinano anche con l’obi (la grande fascia che troviamo sopra la vita) e con l’obijime (un cordoncino) e l’obidome (un fermaglio), che sono degli elementi aggiuntivi che tengono stabili l’obi e donano un’estetica maggiore al tutto. Questo vale anche per il kanzashi, un acessorio costituito da fiori o altri ornamenti, che viene utilizzato per decorare i capelli.
Il kimono da uomo, invece, è composto da un insieme di tre parti: la veste, la giacca (haori) e i pantaloni (hakama). Sebbene possano esserci decorazioni, queste tendono ad essere più sobrie rispetto a quelle del kimono femminile, o addirittura assenti in occasioni formali. La giacca può avere lo stesso colore della veste oppure presentare tonalità diverse. La formalità di un kimono maschile è spesso segnalata dalla presenza dell’hakama, poiché nelle occasioni più casual o in ambito domestico, solitamente non si indossa e la veste ricopre l'intero corpo.
In entrambe le due versioni c’è sempre l’utilizzo dei tabi (calze) e degli zori (gli zoccoli di legno), anche se questi ultimi hanno una suola più ampia nel caso dell’abbigliamento femminile.
Le tipologie di Kimono e i loro usi specifici
Esistono molteplici tipi di kimono, classificati principalmente in base al loro livello di formalità, determinato dal materiale, dalla lunghezza della veste e dai motivi decorativi. Senza entrare nel dettaglio di tutte le varianti esistenti, qui vengono presentate le principali categorie, ancora oggi utilizzate, sebbene principalmente in occasioni speciali. Incominciamo quindi con le descrizioni, partendo in ordine discendente dal livello di formalità più elevato fino a quello meno formale.
UCHIKAKE:
Tipico kimono messo dalla sposa in occasione del proprio matrimonio (di tipo buddista o civile). È il più prestigioso e costoso, e si distingue dagli altri per non essere chiuso in vita, con l'orlo che cade a terra. La sposa, quindi, trascina a terra il kimono, il cui effetto è maggiore se l'orlo viene appesantito tramite una leggera imbottitura. L'uchikake è detto anche irochikake, e viene utilizzato insieme a un sottovestito bianco chiamato kakeshita. Lo si ritrova solitamente tinto di rosso, insieme a motivi cherappresentano il buon auspicio. Viene usato anche come rievocazione storica nelle danze o nei teatri kabuki.
irochikake
shiromoku
Da non tralasciare anche la sua seconda versione, lo shiromuku, che è un unico vestito tutto bianco che simboleggia la purezza. Non presenta alcun motivo ed è spesso abbinato ad un copricapo a forma rettangolare detti tsunokakushi. Le spose che scelgono questo vestito celebrano il loro matrimonio esclusivamente secondo il rito shintoista.
MOFUKU:
Abbigliamento tutto nero senza motivi e decorazioni, usato nei funerali. Presenta tutti e cinque i kamon (stemmi di famiglia), le uniche parti in bianco, insieme al colletto e ai tabi. Per il resto scarpe, accessori e obi ristretto (detto nagoya obi) sono sempre di color nero.
Mofuku
Particolarità di questo vestito è che viene definito completo o incompleto. Chi è parente stretto indossa il mofuku completo con obi e accessori. Amici e parenti lontani invece devono per rispetto indossare un abito con meno accessori, per far capire il tipo di rapporto con la famiglia del defunto ai presenti durante il funerale. Inoltre, dopo la cerimonia alcuni pezzi del mofuku e dell'obi vengono sostituiti gradualmente con parti colorate in modo tenuo. Un gesto che potrebbe simboleggiare la lenta ripresa del lutto da parte dell'interessato.
TOMESODE:
Questo abito è quello più formale per le donne adulte sposate. Il termine vuol dire "trattenere la maniche", e infatti sappiamo che si distingue dal furisode per avere maniche più corte. È un vestito che può essere a tinta unica o colorata, con un decoro solitamente messo nella parte inferiore e dei kamon direttamente pitturati sul tessuto.
Il tomesode si distingue essere di due tipi. Il kurotomesode, un abito tutto nero usato esclusivamente dai parenti stretti del protagonista in cerimonie importanti come il matrimonio, che possiede tutti e cinque i kamon. L'Irosotomesode è invece una versione meno formale realizzato in stoffa colorata, che può avere da tre a cinque kamon e quindi utilizzato in una maggior varietà di occasioni formali. Quest'ultima può essere indossata anche dalle donne adulte non sposate.
FURISODE:
Invece questo è l’abito più formale per le giovani donne adulte non ancora sposate, che simboleggia secondo l’immaginario giapponese la disponibilità al matrimonio. È un kimono con maniche lunghe che pendono fino alle caviglie o ai polpacci. Questa caratteristica deriva probabilmente dalla credenza popolare che esse possano proteggere la persona dai disastri e dalle malattie scrollandosi di dosso la sfortuna. Essendo un kimono molto formale, viene prodotto quasi sempre in seta, ed è usato spesso ai matrimoni e alle cerimonie di laurea. A seconda della lunghezza del sode (ricordo essere la parte pendente della manica), il furisode può assumere nomi differenti, variando così il grado di formalità. È spesso accompagnato da motivi floerali e geometrici (diversi da quelli degli Yukata), e presenta una grande varietà di colori.
HOUMONJI:
Viene utilizzato per eventi generalmente importanti, da donne sposate ma anche nubili. Questo tipo di Kimono può essere usato sia in momenti informali come la cerimonia del tè, festa in famiglia o il Capodanno, che in ambiti formali, con presenza però dei kamon.
Nel caso di cerimonie nuziali viene usato solo dalle donne che non hanno legami di parentela con gli sposi. Questo vestito solitamente viene realizzato con la tecnica eba-moyou, che vuol dire unico colore (che può essere sia uno acceso che chiaro), a cui poi si aggiungono motivi ricamati in maniera più selezionata, tipo sul petto, spalle, maniche e parte inferiore. Inoltre, può avere un obi riccamente decorato, anche con filati d'oro e argento, e vari kamon, rendendolo un vestito di alta classe e particolarmente costoso.
TSUKESAGE:
È l’abito semi formale per eccellenza. Si distingue in Iromuji e Komon.
L'iromuji è il comune kimono messo durante le cerimonie del tè. Solitamente si presenta tinto di color vede chiaro (o altri di simile tonalità), talvolta con motivi naturalistici dello stesso colore del vestito. È indossato sia da donne sposate che non sposate, e talvolta viene usato anche in veste di ospite in cerimonie di laurea, feste formali e informali ed eventi sociali.
Il komon invece è l'informalità per eccellenza. Sono più semplici e versatili da gestire perché usati per fare shopping, cene con amici, passeggiate al parco o anche semplicemente per stare in casa. Il materiale utilizzato è la comune seta ma in questo caso si preferisce utilizzare il sintetico, sempre per mobilità e comodità. I motivi utilizzati sono i più disparati e l'obi è poco decorato e molto ampio rispetto all’houmonji. Alcuni Komon però possono diventare semi formali nel caso alcuni pezzi vengono sostituiti con altri più pregiati, o se c'è la presenza di un certo numero di kamon, cosa che si fa anche con l'iromouji.
Questi due kimono sono quindi gli unici ad essere usati tecnicamente nell'ambito quotidiano.
YUKATA:
Vestito originariamente tipico delle sorgenti termali e bagni pubblici, utilizzato perlopiù da tutte le donne negli eventi estivi come i fuochi d'artificio, la danza bon odori e il matsuri. Essendo estremamente informale, viene realizzato in cotone, che in estate rende meglio, senza juban (biancheria intima a forma di kimono) e senza tabi. Per il resto è un classico kimono con obi, più o meno raffinato, e calzature rigorosamente in geta. Gli Yukata appaiono in molteplici colori, solitamente usati in modo da creare effetti contrastanti, e i motivi sono spesso quelli tradizionali di fiori, erbe o oggetti che ricordano le festività. Come ornamento si può utilizzare un kanzashi nella parte sinistra o destra della testa, e un secondo obi a forma di fiocco o farfalla dietro la schiena.
Oltre ai kimono generali, ci sono quelli utilizzati in ambiti specifici, specialmente nelle arti performative e in quelle marziali. In questo caso meglio lasciare perdere la classificazione formale-informale.
Nagisa in Yukata
Geishe in Hikizuki
HIKIZUKI:
Noto anche come susohiki, è un kimono indossato principalmente dalle geishe, ma può essere visto anche nelle esibizioni di danzatrici tradizionali o nei teatri. A differenza del furisode non presenta il tipico ohashori, perché l’orlo della veste deve essere trascinata durante le performance. Per questo motivo, le geishe, quando camminano per strada, sollevano sempre l'orlo del loro kimono per evitare che si trascini.
Un'altra peculiarità dell'hikizuri è l'imbottitura leggera presente sull'orlo inferiore, simile a quella degli uchikake, che conferisce maggiore peso e presenza scenica. Esattamente come i furisode, l'hikizuri è generalmente molto decorato e richiede numerosi accessori, tanto da richiedere l’assistenza di una seconda persona per poterlo rindossare.
ODORI KIMONO:
Sono abiti da danza unisex utilizzati nelle esibizioni durante i festival tradizionali giapponesi. Caratterizzati da un'estetica vivace e accattivante, questi kimono sono progettati per essere visibili al pubblico, spesso decorati con ricami elaborati e rifiniture metallizzate che donano un aspetto scintillante. Tra gli Odori Kimono più noti c'è l'Awa Odori, che si distingue per la sua lunghezza più corta rispetto ai kimono standard, un design stilizzato e un colletto in un colore contrastante, che contribuisce a enfatizzare i movimenti coreografici dei danzatori.
Awa Odori
Samue
Infine, esiste una categoria di kimono destinati all'ambito lavorativo, che in Giappone include tanto le discipline marziali quanto il vestiario dei monaci buddisti. Questi abiti, più funzionali e pratici rispetto ai kimono tradizionali, presentano una struttura che si avvicina maggiormente agli abiti occidentali, con un uso ridotto dell'obi per favorire la libertà di movimento. Tra questi troviamo il keikogi, l'abbigliamento utilizzato nel Karate e nel Judo, caratterizzato da un semplice obi e una vestibilità essenziale; il mai bakama, usato nelle arti marziali con spada o bastoni, simile al keikogi ma con l'aggiunta dell'hakama, e il samue, il classico abito dei monaci Zen, privo di obi e caratterizzato da un colore uniforme, che riflette l'essenzialità della vita monastica.
Per essere più specifici, è meglio nominare anche il tanzen, che somiglia a un vero e proprio accappatoio ed è utilizzato come vestaglia da camera nei ryokan (locanda). Questo indumento è privo di decorazioni particolari, presenta colori scuri ed è indossato senza obi. È probabilmente l'abbigliamento più informale di tutti, soprattutto durante le stagioni invernali (mentre per le stagioni estive è possibile trovare il jinbei, molto simile). Tuttavia, molti giovani preferiscono passeggiare con lo yukata, che è considerato una scelta più alla moda, evitando così di apparire antiquati.
Conclusioni
In questa breve analisi sul kimono, abbiamo esaminato come l'abbigliamento giapponese si sia trasformato nel corso dei vari periodi storici, rispondendo alle necessità di ogni epoca. Prima della modernizzazione, il kimono aveva già iniziato un percorso di evoluzione volto alla praticità, consolidatosi ulteriormente nel periodo moderno. Tuttavia, l'eleganza e la raffinatezza del kimono non sono mai scomparse, adattandosi alle nuove influenze della moda occidentale e mantenendo viva l'attenzione del pubblico.
Se questo articolo vi è piaciuto, e lo avete ritenuto interessante, probabilmente la prossima volta che guarderete un anime noterete la varietà di kimono rappresentati!
Bibliografia
Liza Dalby, Kimono: fashioning culture, 1933, 17-61
Sitografia (per la parte 1)
https://en.wikipedia.org/wiki/Japanese_clothing (principale)
https://en.wikipedia.org/wiki/Kimono
https://artsandculture.google.com/story/GgUhgthsq7w7IQ
https://artsandculture.google.com/story/the-ancient-history-making-and-wearing-a-kimono/
https://www.wadansukimono.com/post/the-brief-history-of-kimono
https://daily.jstor.org/the-surprising-history-of-the-kimono/
https://www.thecollector.com/the-evolution-of-the-japanese-kimono/
https://owlcation.com/humanities/History-of-Kimono-Part-3-The-Medieval-Period
https://owlcation.com/humanities/History-of-Kimono-Part-4-The-Early-Modern-Period-Edo-Period
https://web-japan.org/kidsweb/virtual/kimono/kimono01.html
https://www.kimonoflaminia.com/storia-del-kimono/
https://civilisable.com/traditional-japanese-clothing/
https://www.viewingjapaneseprints.net/texts/topics_faq/faq_floatingworld.html
https://kikurefashion.com/blogs/news/juni-hitoe-12-layers-of-trailing-robes
(parte due e tre)
https://kimono.fandom.com/it/wiki/Kimono_Wikia (principale)
https://www.mizunomemories.org/il-furisode-spiegazione/
https://styleupladies.com/parts-of-kimono/
https://ilovekimono.com/en/pages/glossary-of-kimono
Kimono: cosa sono, storia, stili e tipologie | VadoInGiappone.it